Ravenna, il bluetooth svela le "corna". E parte la diffamazione

Ravenna

RAVENNA. È bastato uno scambio di auto tra marito e moglie. Insomma, lei guidava quella di lui e viceversa. L’uomo però aveva dimenticato il cellulare nel cruscotto, collegato al bluetooth della vettura; e quando è arrivata la prima telefonata, il sistema ha messo in vivavoce l’amante. Così, mentre ignaro di tutto il coniuge precedeva la consorte al volante dell’altro mezzo, la donna ha scoperto le “corna”. Lei, una 45enne residente a Cervia, non ha lasciato perdere; e quando ha capito che la sconosciuta non aveva affatto sbagliato numero, l’ha richiamata più volte, per poi sfogarsi e rendere tutto pubblico su Facebook. Cornuta e mazziata, è proprio il caso di dirlo. Perché oltre a segnare la fine del matrimonio, quell’episodio le è costato pure la denuncia per stalking (derubricato poi in molestia) e diffamazione.
Il processo nei confronti dell’ormai ex moglie si è aperto questa settimana di fronte al giudice monocratico Cecilia Calandra, che ha sentito direttamente dall’imputata - difesa dall’avvocato Luca Orsini - il racconto di quel giorno della primavera del 2018.

Dalla tresca al processo
Il marito, un noto sportivo professionista, avrebbe dovuto disputare una partita in un’altra regione, e lei aveva deciso di seguirlo insieme ad alcune amiche per fare il tifo. Da qui la scelta di andare con due mezzi. L’idea di scambiarsi i veicoli era venuta per pura comodità di parcheggio. Lui faceva strada quando, sull’altra auto, la moglie ha risposto alla chiamata in entrata, pensando che il sistema della vettura si fosse collegato al suo telefonino. «Pronto amore…». La voce era di una donna, che tutto d’un fiato ha continuato a parlare dando per scontato che dall’altra parte ci fosse l’uomo col quale doveva accordarsi per un fugace incontro clandestino. «Domani ci vediamo…», avea proseguito insistente prima ancora che moglie e amiche a bordo aprissero bocca.
Una scena da film, per certi versi da commedia comica, se di mezzo non ci fossero sentimenti traditi, matrimoni e figli. Comprensibile la rabbia che nei giorni successivi ha portato la consorte a contattare due volte l’amante tra aprile e maggio di quell’anno. Quest’ultima, una donna a sua volta con famiglia, si è decisa a sporgere querela ritenendosi offesa da certi post pubblicati su Facebook.
Senza fare nomi, la moglie si era lasciata andare: «fai tanto la morale poi fai la t… in giro … dovresti vergognarti, invece di girare coi mariti altrui occupati dei figli». Parole dettate dalla rabbia, ha riferito l’imputata in aula, aggiungendo in merito alle telefonate, che non c’era alcun intento vessatorio, ma voleva solamente chiedere spiegazioni.
Con l’apertura del procedimento la difesa ha presentato i primi testi: figuravano uomini, donne, amici e amiche sia della coppia che della parte offesa. Insomma, rischiava di saltare fuori ben altro che quella telefonata. Tant’è che ora, con il ritiro della querela, il processo è destinato ad avviarsi a gennaio verso le battute finali.

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