Ravenna, i Gardini rispondono a Di Pietro: «Lasciate stare nostro padre»

RAVENNA. Era il luglio del 1994, l’imprenditore ravennate della chimica Raul Gardini si era suicidato con un colpo di pistola alla tempia l’anno prima, e la moglie Idina Ferruzzi parlò in quella che per ventisette anni sarebbe rimasta la sola dichiarazione pubblica della famiglia. Un’intervista rilasciata al giornalista e amico Enzo Biagi, nella quale la figlia di Serafino disse: «Perdono, perdono tutti. Ma ora basta, una fase della mia vita è finita. Non voglio più parlarne». Su queste parole i Ferruzzi e i Gardini hanno costruito un muro di silenzio che si pensava sarebbe durato in eterno. Un silenzio che tuttavia domenica scorsa si è spezzato. Per la prima volta da allora, la più piccola della casata Gardini - la figlia Maria Speranza Gardini - ha scelto di non tacere, chiedendo in una lettere inviata al settimanale L’Espresso che il padre venga lasciato una volta per tutte «riposare in pace».

Le parole di Di Pietro
A mettere la penna nelle mani di Maria Speranza Gardini è stata un’intervista rilasciata sul medesimo settimanale il 19 gennaio scorso dall’ex magistrato Antonio Di Pietro, il simbolo di quell’inchiesta “Mani Pulite” che negli anni ’90 scosse mezza Italia, disvelando la corruzione della classe dirigente politica e imprenditoriale. Nel ripercorrere la fasi salienti di quell’indagine, Di Pietro parla anche dell’imprenditore ravennate, dichiarando come «il vero casino nasce quando faccio il grande errore di non fidarmi di Gardini». Con gli avvocati, dice riferendosi all’interrogatorio di Raul, «concordiamo tutto. Cosa Gardini dirà e che non sarà arrestato. Alle otto di mattina mi telefona l’avvocato, dice “stiamo arrivando”. Lui era già vestito. Da quanto riferisce il maggiordomo, si affaccia e vede i carabinieri. E pensa che io l’ho tradito. A quel punto: bum. È un attimo. Si è ammazzato perché era convinto che lo stavo arrestando».

La risposta
Una ricostruzione - quella dell’ex magistrato del pool - che la famiglia Gardini non riesce a mandare giù, perché a suo avviso e ad avviso dell’avvocato Giovanni Maria Flick «sono basate su un “teorema dei se”. E sono rivolte a un uomo che non può più difendersi». Sono poche righe quelle scritte e firmate da Maria Speranza Gardini, ma che hanno un profondo significato. Parole che parlano di Raul padre, ma che invitano per la prima volta alla prudenza. «Mi sono decisa a scriverle - dice la figlia di Gardini rivolgendosi a Di Pietro - unicamente perché il dolore che le sue parole hanno riacceso mi soffoca. Raul Gardini, prima di tutto, era un padre amorevole e affettuoso, nel mio ricordo sempre presente anche quando lontano, leale, coraggioso. Io, ragazzina, lo ammiravo e lo ammiro ancora oggi. Desidero che lei comprenda, quindi, quanto sia impossibile per me, da figlia, rimanere in silenzio quando tornano alla luce periodi così bui e tragici che io vorrei non fossero mai esistiti. Mi rivolgo a lei perché è anche padre, certa che saprà comprendere quale indignazione abbiano generato in noi le sue parole, tanto più drammatiche perché usate per narrare supposti aspetti deplorevoli e agghiaccianti della vita di un uomo che non c’è più, che non ha potuto raccontare la sua verità allora e che, adesso, non può più difendere il proprio onore e la propria reputazione. Ho meditato quanto la sua intervista possa avere contenuti diffamatori e offensivi. Ma questo è per me un aspetto secondario. Desidero invece ricordare il valore di mio padre. Lei ha inutilmente creduto di mettere in dubbio le mie certezze con un “teorema del se” che di certezze, invece, ne ha ben poche. Mi creda, vorrei tanto e solo che mio padre potesse finalmente riposare in pace».

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