Prima la paura, poi la stanchezza. Così il dottor Maurizio Fusari riassume il modo in cui gli operatori sanitari hanno vissuto la pandemia, esplosa tre anni fa, impegnando a fondo l’ex primario di Rianimazione dell’ospedale di Ravenna nell’ultimo periodo della sua direzione. Fusari è in pensione dalla metà dello scorso anno, dopo un decennio alla guida dei professionisti anestesisti e rianimatori del Santa Maria delle Croci (e per lungo periodo anche dell’Umberto I di Lugo e degli Infermi di Faenza). Fusari oggi collabora con il centro medico Ravenna 33 e ha un’opinione molto chiara su quello che servirebbe all’ospedale ravennate per risolvere alcune sue carenze: «Sarebbe necessaria una direzione dell’ospedale non solo competente e di esperienza ma anche presente, solida e duratura, come avviene nelle altre strutture della Romagna».
Dottor Fusari, partiamo dal febbraio 2020, quando è scoppiata la pandemia. Come sono stati vissuti questi tre anni da voi medici?
«C’è stata una fase molto adrenalinica all’inizio, non si sapeva che fare perché si era davanti a qualcosa di sconosciuto. Operavamo con paura e abnegazione e in quel momento molti medici hanno riscoperto il piacere del lavoro di squadra, nessuno si è tirato indietro. Poi con il vaccino le cose sono migliorate ma in quel momento è subentrata la stanchezza, accresciuta perché invece che concederci del riposo, ci è stato chiesto di recuperare gli interventi che si erano accumulati in lista d’attesa. Ce l’abbiamo fatta, pur essendo sotto organico e coprendo con i debiti orari il lavoro di tre o quattro persone. Alla fine invece che riconoscimento è tornato un comportamento quasi ostile nei confronti del personale sanitario da parte di molte persone».
Come sono gestite le liste d’attesa a Ravenna?
«Limitando il ragionamento a quelle chirurgiche direi meglio che in altre province. Ravenna è stata forse la migliore in regione, in quanto, almeno fino al termine del mio mandato, non ci sono state criticità per gli interventi urgenti mentre sono state contenute quelle che riguardano le malattie a media/bassa complessità. Quello delle liste d’attesa è un tema importante che attiene forse più alla politica sociale e alla macroprogrammazione sanitaria».