Ravenna festival, David Fray e le "Variazioni Goldberg"

Una serata tutta pasoliniana, quella di oggi, per Ravenna festival che appunto all’intellettuale nato proprio cent’anni fa, dedica l’intera edizione: da una parte il cinema, dall’altra la musica, ovvero due dei linguaggi artistici che Pasolini predilesse e attraverso i quali toccò i vertici assoluti della sua produzione. Perché se certamente non fu un musicista, né compositore né strumentista, della musica si nutrì profondamente, ritenendola mezzo espressivo privilegiato («vorrei essere scrittore di musica» risuona nella sua autobiografia in versi, “Poeta delle ceneri”) e nutrendo di essa tutta la sua opera, poetica e cinematografica.

Ma tornando a questa sera, ecco che nell’ambito della piccola rassegna che il festival, alla Rocca Brancaleone (alle 21.30), dedica ai suoi film, sarà proiettato “Medea”, girato nel 1969, in cui la presenza musicale si esprime, muta, anche attraverso la scelta della protagonista, Maria Callas, la più grande voce del Novecento, qui colta nella straordinaria forza espressiva della sua vicenda biografica e del suo volto arcaico.

Musica “vera” sarà invece quella in scena al teatro Alighieri (alle 21). E anch’essa profondamente legata a PPP perché si tratta di uno dei capolavori assoluti di Johann Sebastian Bach, il compositore che egli amò sopra tutti, che utilizzò in molti dei suoi film, e al quale dedicò anche un appassionato saggio: «Nella musica abbiamo le vere parole della poesia; cioè parole tutte parole e nulla significato», scrive nei suoi Studi sullo stile di Bach. Si tratta delle celeberrime “Variazioni Goldberg” affidate a uno dei più apprezzati interpreti bachiani degli ultimi anni, il pianista francese David Fray che a quest’opera ha dedicato recentemente una fortunata incisione (per Warner Classics).

Dell’Aria con 30 variazioni in sol maggiore BWV 988 composta a Lipsia nel 1741 si è scritto e dibattuto moltissimo: intanto a proposito delle combinazioni numeriche che la caratterizzano, infatti, tra le altre, l’aria in tempo lento di sarabanda da cui tutto scaturisce consta di 32 battute, tante quanto le note che formano il basso che si ripete e su cui si snodano le variazioni, così come 32 sono gli elementi complessivi (aria, 30 variazioni, aria da capo). Poi su quel “Goldberg” cui accenna per la prima volta all’inizio dell’Ottocento il primo biografo bachiano, Forkel, e che sembra fosse il nome del clavicembalista del conte Keyserlingk il quale avrebbe commissionato per lui a Bach alcuni pezzi adatti a conciliargli il sonno.

Naturalmente non andò così e in ogni caso le “Goldberg”, possono forse apparire enigmatiche, impeccabilmente geometriche eppure pervase da un senso profondo di sacralità, ma certo non possono dirsi soporifere. Piuttosto, come scrive lo stesso Fray, si tratta «di un’opera immensa per proporzioni e ricchezza, ed è soprattutto un lungo viaggio la cui conclusione coincide con l’inizio. Sorge allora la domanda: si tratta davvero di una conclusione, o piuttosto di un perpetuo ricominciare, di un ciclo eterno che nulla potrà mai interrompere? E, del resto, davvero questa musica ha un inizio, una parte centrale e una fine? Non è forse, invece, il più bell'esempio di eternità in musica, di una dimensione in cui il tempo è abolito e tutti i tempi sono fusi in uno solo?».

Info: 0544 249244
ravennafestival.org

Newsletter

Iscriviti e ricevi le notizie del giorno prima di chiunque altro Clicca qui