Ravenna e il caso Mar: "LeWitt disse che l'opera andava distrutta"

«Quell’opera non dovrebbe esistere! Appena potrò, verrò a Ravenna per imbiancarla personalmente». Una frase perentoria che non poteva certo essere fraintesa. A pronunciarla nell’estate del 1992 fu proprio Sol LeWitt, rispondendo all’ex assessore alla Cultura ravennate Ivan Simonini (oggi editore) che, nel corso di una cena a Spoleto con il grande artista statunitense, provò a chiedergli spiegazioni sul perché “Wall Drawing #570” fosse ancora conservata nei depositi dell’allora Loggetta.

Una testimonianza, quella di Simonini che alimenta la polemica nata attorno alla “riscoperta” dell’opera muraria di Sol LeWitt.

A sollevare il caso era stato, mercoledì scorso, l’ex direttore del Mar Claudio Spadoni, con una lettera inviata ai quotidiani a pochi giorni dalla presentazione alla stampa locale dell’opera dell’artista americano. In quell’occasione i vertici del Mar avevano più volte sottolineato i propri meriti nell’aver ridato alla città un’opera a loro dire sostanzialmente dimenticata. Ma era proprio così?

Secondo Spadoni no. Anzi per l’ex direttore del museo ravennate esporre quell’opera vorrebbe dire «non solo non rispettare le direttive di LeWitt, ma non averne nemmeno compreso la scelta concettuale». Perché? Semplice, perché l’opera avrebbe dovuto essere distrutta nel 1988 una volta terminata la mostra “Viaggio in Italia”, dato che a quel punto era «concettualmente morta». L’allora direttore Bandini scelse comunque di conservarla, ma con la promessa con non l’avrebbe mai più esposta.

Alle parole di Spadoni - confermate ieri al Corriere dallo stesso Bandini - ora fanno eco quelle di un altro intellettuale ravennate, Ivan Simonini. L’ ex assessore ha scelto di intervenire non per entrare nel merito dell’opportunità o meno di esporre quel wall drawing, «le mie opinioni su tali fatti – dice –, possono aspettare», ma per rendere edotta la città di un episodio che lo ha visto protagonista e che, per l’occasione, ha scelto di intitolare “Dalla viva voce di Sol LeWitt”.

«Tornerò per distruggerla»

Teatro dell’incontro tra Simonini e l’artista, avvenuto nel 1992, fu la villa di Spoleto nella quale abitava LeWitt. «Mi trovavo in zona quell’estate per “Polimaterica” (una mostra d’arte di Rosetta Berardi, Ruggero Maggi, Tau e Franco Troiani, curata da Giorgio Bonomi) – ricorda Simonini – e la sera dell’inaugurazione l’amico Franco Troiani ci invitò a una festa nella splendida villa collinare di Sol LeWitt. Sapendo che “Wall Drawing #570, non essendo mai stata distrutta (come da poetica dell’artista), si trovava ancora nei magazzini della Loggetta Lombardesca, ne approfittai per chiedere direttamente a Sol LeWitt quale sarebbe stato il destino del manufatto. La risposta fu cortesissima e senza tentennamenti: “Quell’opera non dovrebbe esistere!”. Il colloquio si concluse con un suo sorriso: “Appena potrò, verrò a Ravenna per imbiancarla personalmente”». Più chiaro di così. L’artista, però, morì nel 2007 senza mai dare seguito a quelle parole e ora, come confermato dall’attuale direttore del Mar Maurizio Tarantino, il suo lavoro torna in mostra solo dietro espresso consenso della fondazione LeWitt. Consenso sul quale il gruppo consiliare La Pigna chiede delucidazioni anche al sindaco, per sapere quando e con che modalità è stato effettivamente dato. «La richiesta alla Fondazione LeWitt - si chiede La pigna in un question time - è antecedente o successiva alla conferenza stampa che ne annunciava l’esposizione? E comunque perché del consenso non ne è stata data notizia contestualmente all’annuncio dell’esposizione?».

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