Ravenna e il cancelliere assenteista: "Spariva quasi tutti i giorni"

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Tra i colleghi c’era chi lo vedeva alzarsi dalla scrivania, chi invece lo notava passare dirigendosi verso l’uscita da dove, secondo l’accusa, lasciava gli uffici del Giudice di Pace in orario di lavoro, allontanandosi per svariati minuti senza timbrare il cartellino. Con un certo imbarazzo, la vicenda del cancelliere assenteista, sospeso nella primavera del 2020, è approdata ieri mattina davanti al giudice Federica Lipovscek. Il processo che lo vede accusato di truffa aggravata ai danni dello Stato è così entrato nel vivo con l’audizione dei primi testi della Procura (rappresentata dal vice procuratore onorario Katia Ravaioli). Dal loro racconto, in un’aula brulicante di funzionari, avvocati e addetti ai lavori per vie traverse venuti a conoscenza della vicenda, è trapelata l’origine dell’indagine.

La segnalazione del presidente

Prima fra i dipendenti pubblici chiamati a deporre, una dirigente amministrativa del tribunale: «Mi riferirono che c’era un cancelliere che si assentava senza timbrare», ha esordito ieri davanti al giudice. Una banale dimenticanza? Qualora fosse capitata il funzionario avrebbe potuto rimediare «compilando le autocertificazioni che poi la segretaria del personale avrebbe inserito manualmente sul registro delle presenze». Eppure nulla di tutto ciò. Così, assenza dopo assenza, la segnalazione finì pure sul tavolo dell’allora presidente del tribunale, Roberto Sereni Lucarelli, «che organizzò un incontro insieme al presidente dell’ordine degli avvocati Sergio Gonelli, alla luce di alcune lamentele di disservizi legati non solo all’assenza del cancelliere, ma anche a un certo suo atteggiamento percepito da alcuni iscritti come scortese. Il presidente ritenne opportuno fare la segnalazione che ha dato origine al fascicolo in Procura». Era il 13 febbraio 2020.

I colleghi

Due i colleghi sentiti ieri. Con uno di loro non sarebbe corso buon sangue, almeno così hanno fatto intendere le domande dell’avvocato Stefano Dalla Valle, difensore dell’imputato. Ad ogni modo, il “compagno di scrivania” non si è fatto remore nel riferire di uscite frequenti, «una volta al giorno, per 15 o 20 minuti». Il cartellino? «Dalla mia postazione non potevo vedere se lo marcasse o meno. Allo stesso modo anche un’assistente giudiziaria ha descritto una routine che «accadeva da anni, sicuramente dal 2015, quando ci siamo trasferiti in piazza Bernini. Non lo vedevo uscire dall’edificio così come non potevo controllare che timbrasse il badge, ma dalla mia postazione lo notavo passare». Scettici i colleghi anche circa la possibilità che durante quelle “passeggiate” il cancelliere si recasse nell’archivio al piano terra dove, secondo la difesa, aveva alcuni effetti personali. «Non possedeva le chiavi, e per entrare avrebbe dovuto chiederle a un altro dipendente».

Pedinato fino al supermercato

Ci hanno pensato le indagini di polizia giudiziaria a fare il conto preciso delle assenze non giustificate. Il turno lavorativo base di circa 6 ore giornaliere, mediamente dalle 8 alle 14 (con un paio di giornate a tempo pieno), era stato tenuto d’occhio per due settimane, dal 5 al 20 marzo: erano state riscontrate assenze di varia durata, alcune delle quali immortalate dalle telecamere dell’edificio: dai 4 minuti il 5, poi 12 il giorno successivo, fino al picco di 20 minuti riscontrati il 16 e il 20 marzo. Episodi che avevano avuto come apice alcune circostanze più eclatanti: come le capatine in orario di lavoro nel vicino supermercato, dal quale il 49enne rientrava con tanto di inconfondibili sporte della spesa. Così, il 20 marzo i carabinieri lo avevano seguito alle 13.50 fino al negozio, per poi fermarlo. Lui si era giustificato sostenendo di avere regolarmente timbrato, cosa però non risultata dai controlli nei registri. Fatta la somma, il provvedimento di sospensione aveva quantificato 101 minuti di assenza ingiustificata spalmati in otto uscite concentrate in quel periodo ristretto e considerate all’epoca dal giudice per le indagini preliminari Corrado Schiaretti, solo “la punta di un iceberg”.

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