Ravenna, domestica vittima di un ricatto hot "O fai sesso o ti distruggo i documenti"

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Ha iniziato a frequentare la colf che aveva assunto per i lavori domestici e per accudire l’anziana madre in casa. Non è durata molto, quantomeno la relazione sentimentale. Terminata la quale, lui, datore di lavoro, ha preteso che la ex, rimasta alle sue dipendenze, continuasse a prestarsi a ogni suo volere. Non solo pulizie e altre faccende domestiche, ma anche rapporti sessuali su richiesta. Per un anno è andata avanti così, a furia di botte e minacce: qualora infatti la lavoratrice non lo avesse assecondato, si diceva pronto a distruggerle i documenti che le servivano per ottenere il permesso di soggiorno. Il ricatto si è interrotto quando la donna è finita al pronto soccorso. Di tutto ciò deve ora rispondere un uomo di 46 anni, originario del Marocco e residente a Ravenna, accusato di lesioni e violenza sessuale aggravata dalla passata relazione affettiva con la vittima e dal rapporto di lavoro.

Sentita la vittima

Per circa un’ora e mezzo, ieri, la ex dipendente, costituitasi parte civile con l’avvocato Valentina Bartolini, ha raccontato al giudice per l’udienza preliminare Janos Barlotti l’incubo vissuto per circa un anno, tra il 2020 e il mese di settembre del 2021. A dire il vero, lei a Ravenna era arrivata nel 2019, spostandosi da Roma proprio per cogliere al volo l’occasione di lavoro. Occupazione che l’aveva portata proprio nella casa del 46enne. Qualche mese dopo era iniziata la relazione affettiva con il padrone di casa, culminata tuttavia con la decisione da parte della donna di rompere. La ragione principale, i comportamenti aggressivi dell’uomo, sommati al fatto che l’amante/datore di lavoro avesse sempre messo in secondo piano le formalità burocratiche per regolarizzare la colf. Sarebbero iniziati in questo periodo gli abusi sessuali, pretesi dietro minaccia e con la forza. Senza i documenti in mano al 46enne, la badante, rimasta a vivere sotto lo stesso tetto, non sarebbe stata in grado di chiedere il rilascio delle carte per rimanere in Italia in piena regola. Così è rimasta sotto scacco almeno fino a settembre di quell’anno, quando il datore di lavoro, per punirla di fronte all’ennesimo rifiuto, l’avrebbe sbattuta fuori casa spingendola nel pianerottolo dell’abitazione e facendola cadere e battere la testa. Dieci i giorni di prognosi refertati al pronto soccorso dovuti alla contusione cranica riportata, in aggiunta a schiaffi e mani al collo, in seguito ai quali è partita la segnalazione alla Procura. Le indagini sono confluite nel processo incardinato ieri di fronte al gup e al sostituto procuratore Antonio Vincenzo Bartolozzi, durante il quale l’imputato, difeso dall’avvocato Luca Borghesi, ha fatto richiesta di rito abbreviato condizionato alla produzione di alcuni documenti.

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