Ravenna, diventa sarta per andare prima in pensione e batte l'Inps che le chiede 100mila euro

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Andare in pensione con 5 anni di anticipo. Un sogno realizzabile al costo di un “piccolo” cambio di vita, o meglio di professione. E’ il suggerimento che un’operaia aveva ricevuto dopo essersi informata presso un patronato. Così dopo 25 anni alle dipendenze di una delle più note imprese del settore della frutta, si era data al cucito; aveva aperto la partita iva, si era iscritta alla Camera di commercio, si era procurata gli attrezzi del mestiere ed era diventata sarta. Giusto tre mesi di lavoro, più o meno 11 scontrini, per lo più ad amiche e vicine di casa. Poi la pensione, pagata anni dopo a caro prezzo: l’ex operaia riscopertasi sartina, oggi 64enne, ha dovuto affrontare il processo che ha travolto tante altre lavoratrici che come lei avevano ricevuto la stessa “dritta”, difendendosi dall’accusa di truffa aggravata ai danni dell’Inps, che costituitasi parte civile le chiedeva un risarcimento da 100mila euro. Ieri la donna è stata assolta al termine del dibattimento di fronte al giudice Federica Lipovscek.


Sarta per il corpo di ballo

Il caso è uno degli ultimi rimasti ancora aperti e svisceranti nell’ambito di una corposa inchiesta condotta in seguito alla segnalazione dell’Inps (rappresentata dall’avvocato Oreste Manzi), che nel 2017 aveva inviato un esposto con una lista nera di 26 nomi, lavoratori e lavoratrici della provincia di Ravenna che secondo l’ente di previdenza avevano escogitato un escamotage illecito per beneficiare del trattamento pensionistico senza averne ancora titolo. Fra loro anche la 64enne, che difesa dall’avvocato Anna Maria Spada ha respinto le accuse. Nei suoi confronti il vice procuratore onorario Marianna Piccoli aveva chiesto la condanna a due anni e sei mesi sostenendo che l’attività di sarta fosse in realtà fittizia, giustificata con alcune «ricevutine di 10 o 20 euro» e con «testimonianze inattendibili». Per il difensore dell’imputata, invece, la scelta fatta nel 2016 dalla signora era legittima, oltre che prevista dalla legge. Rivolgendosi alla Cna, aveva fatto le cose in regola. E se è vero che l’attività di sartoria esercitata per quel breve tempo «erano piccoli lavori di riparazione, alcuni dei quali anche per una compagnia di ballo», la contestazione dell’Inps sul mancato esercizio dell’attività artigiana a titolo esclusivo e continuativo, «potrebbe semmai essere materia da contestazione amministrativa, non certo penale». Una linea condivisa anche da altri giudici che (al netto delle sentenze di segno opposto) si sono espressi allo stesso modo valutando caso per caso altre posizioni analoghe emerse nella stessa inchiesta.

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