Ravenna, confermata la revoca dell'ex cda della Sirio

L’amministratore giudiziario e il curatore speciale della Sirio restano al loro posto. A deciderlo, ieri, è stata la sezione imprese della corte d’appello di Bologna, con una sentenza firmata dai giudici Roberto Aponte, Anna De Cristofaro e Manuela Velotti che ha rigettato il ricorso fatto dall’ormai ex consiglio di amministrazione contro la decisione di revoca assunta a fine aprile dopo la denuncia del collegio sindacale, tutelato dai legali Carlo Enrico Salodini e Alberto Camellini. Trenta pagine di sentenza quelle scritte dai magistrati che, ora, grazie al lavoro fatto negli ultimi mesi dall’amministratore giudiziario Fausto Maroncelli (in aula rappresentato dal legale Paolo Benazzi), hanno potuto scavare a fondo sulla presunta mala gestio dell’ex cda (tutelato dai legali Alberto De Pra, Simone Resca, Roberto Sacchi e Lavinia Savini), scoprendo una reiterata serie di irregolarità che avrebbero «gravemente compromesso» la continuità aziendale della Sirio. Una su tutte: almeno 100mila euro di acquisti fatti dall’amministratore delegato Stefania Atzori con denaro della società per beni, scrivono i giudici, «avulsi dall’oggetto sociale dell’attività».

La Sirio, azienda ravennate fondata nel 1992 nel campo della ristorazione ospedaliera, negli anni è cresciuta fino ad acquisire 80 punti vendita in Italia e ad avere 700 dipendenti a libro paga. A Ravenna è però divenuta nota al grande pubblico per aver portato in città il noto marchio statunitense del fast food Burger King. Un colosso, insomma, cresciuto lasciando però - secondo i magistrati - sul suo cammino una serie di debiti che, ora, sarebbero esplosi. Al punto che Maroncelli, nel tentativo di salvare la società, ha deciso di chiedere l’accesso al concordato preventivo.

Strane spese

Che cosa abbia messo in crisi la Sirio, che tra l’altro all’inizio dell’anno non pagava gli stipendi (al punto che alcuni lavoratori avevano scelto di scioperare), sono i giudici a metterlo nero su bianco. E c’è un passaggio, all’interno di un bilancio appesantito da quasi 71 milioni di euro di debiti, che lascia l’amaro in bocca. Sono 100mila euro di fondi dell’azienda, che l’ex ad Atzori avrebbe prelevato per effettuare spese personali. Tra queste, l’amministratore incaricato dai giudici avrebbe scoperto diversi acquisti in un noto negozio di moda di Milano Marittima e ricevute del parrucchiere divenuto noto in televisione “Federico fashion style”.

Invitalia non c’è

Una cosa sembra inoltre certa, la pandemia ha messo tutti in forte difficoltà, specie il settore della ristorazione, ma evidentemente dentro l’azienda ravennate c’erano problemi ben più gravi. Una delle scoperte forse più incredibili fatte dall’amministratore giudiziario Maroncelli riguarda, infatti, il piano industriale 2021-2025 approvato dal cda di Sirio il 13 aprile scorso (con tanto di comunicato stampa ufficiale) basato sulla richiesta a Invitalia per accedere al cosiddetto “Fondo Salvaguardia Italia”. Bene, il procedimento amministrativo, secondo i rappresentanti di Invitalia sentiti, «non è mai stato avviato, non avendo la società presentato istanza di accesso al fondo». Inoltre, a Maroncelli era stato prospettato l’arrivo di possibili finanziatori, che però non si erano mai palesati . Sull’ identità di un altro finanziatore, invece, Stefania Atzori aveva chiesto all’amministratore giudiziario di sottoscrivere un accordo di riservatezza. Accordo che, alla luce dei doveri di informazione dell’incarico assunto da Maroncelli, non è stato ovviamente siglato (si sarebbe però trattato di una “Limited” inglese protetta da fiduciarie). «Deve allora ritenersi – concludono i giudici – che il piano di interventi volti alla ricapitalizzazione e al rafforzamento patrimoniale e finanziario di Sirio predisposto dagli amministratore revocati sia irrealistico, basato su presupposti ipotetici e anzi addirittura irrealizzabili».

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