Ravenna, calcio in lutto: addio all'ex giallorosso Fabio Bruna

Ravenna

RAVENNA - E’ morto ieri all’ospedale di Lugo, dove era ricoverato da giorni per complicanze legate al covid, Fabio Bruna. Avrebbe compiuto 65 anni a marzo; pochi giorni fa aveva contratto il virus che purtroppo ha intaccato in maniera irreversibile un fisico già in passato colpito da altre patologie, che aveva però superato con la tempra fisica e mentale che tutti gli riconoscevano. Lascia la moglie Diana, la figlia Elena e tre nipoti.
Livornese di nascita, era diventato ravennate d’adozione in gioventù dopo aver indossato la maglia giallorossa nella seconda metà degli anni settanta in serie C e D. Finita prematuramente una carriera che avrebbe meritato ben altri scenari, divenne autista dell’Atm. Dopo la pensione era solito dare una mano alla figlia nella cura dei negozi di tè aperti con successo prima in via Mazzini e poi nel borgo San Rocco.


Ma se le doti di calciatore lo fecero conoscere in città, sono state quelle di uomo a farlo apprezzare a intere generazioni di ravennati e di giovani calciatori in veste di allenatore delle giovanili. Una passione che cominciò nei campi dell’allora Low Street insieme all’inseparabile accompagnatore Dario Zanelli e proseguita poi anche al Marina e al Real Ravenna. La notizia della sua scomparsa ieri ha colpito profondamente i ravennati che lo conoscevano, ma anche quei bambini – ora diventati uomini – sui quali negli anni aveva lasciato un’impronta che andava oltre il calcio.


Bruna era infatti incredibilmente amato dai suoi ex calciatori, molti dei quali a distanza di decenni in questi giorni hanno seguito su una apposita chat il drammatico decorso del suo ricovero aggiornati dalla figlia Elena, fino all’ultimo messaggio che ieri ha tolto ogni speranza. Chiunque lo avesse avuto come allenatore continuava infatti a distanza di anni a considerarlo un punto di riferimento. Lui che coi suoi “bimbi” – come amava definirli – era stato prima educatore e poi allenatore, seminando valori e principi rimasti indelebili: come il rispetto dell’avversario, il culto del merito e del sacrificio e dell’onestà in campo e fuori. Il tutto con doti umane innate, una grandissima ironia, grande sensibilità psicologica e quella “livornesità” che lo rendevano unico e indimenticabile. Mancherà a tanti Fabio. Esempio alto di un mondo e di un calcio nobile, scomparsi prima di lui.

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