Ravenna, badge della mensa prestato: la Cgil «Atto sproporzionato»

RAVENNA. «Il licenziamento di un lavoratore della Marcegaglia che avrebbe prestato il proprio badge per consentire l’accesso alla mensa a un altro lavoratore deve aprire una serie di riflessioni». Dopo i metalmeccanici della Uil, ora anche Cgil e Fiom tornano sul caso del capomacchine 28enne lasciato a casa dall’azienda di via Baiona per 120 euro di pasti fatti consumare a un collega con il suo badge. «Innanzitutto riteniamo sproporzionato il provvedimento adottato dall’azienda rispetto all’accaduto - precisano Cgil e Fiom - e confidiamo che il lavoratore possa presto tornare al suo posto. In secondo luogo, quanto avvenuto richiama l’attenzione sulle dinamiche presenti nel mercato del lavoro».

Differenze di trattamento

Il riferimento del sindacato è alla presenza sempre più frequente di esternalizzazioni e affidamento dei lavori in appalto. «Succede così - ricorda la Cgil -, che in un unico sito produttivo siano impegnati lavoratori di differenti ditte e questi lavoratori usufruiscano di condizioni molto diverse tra loro». È partendo da questa affermazione che la sigla sindacale chiede di iniziare ad avviare un confronto approfondito sul tema, «affinché i lavoratori impegnati in un medesimo sito produttivo godano degli stessi diritti. Il diffuso ricorso agli appalti esterni permette alle aziende di sgravarsi di costi e responsabilità scaricandoli sui lavoratori in termini di salute e sicurezza ma anche trattamenti economici. La possibilità o meno di usufruire della mensa è sintomatico delle insopportabili differenze di trattamento in essere».

Il ricorso

Tornando all’episodio del licenziamento, il lavoratore 28enne - stando alla linea difensiva dell’avvocato Davide Baiocchi con cui il giovane ha deciso di fare ricorso chiedendo la reintegra - avrebbe agito in quel modo per semplice istinto di benevolenza nei confronti di un collega amico in difficoltà economica.
Magari l’operaio potrebbe essere stato ingenuo, ma stando alla sua versione non c’era alcuna intenzione di ledere in qualche modo l’azienda. Specialmente se si considera che il lavoratore, padre di famiglia, è l’unica fonte di reddito dentro casa.

Mancato accordo

Non appena avevano saputo della scelta di Marcegaglia di lasciare a casa il giovane, i sindacati si erano subito mossi per cercare di trovare un accordo con l’azienda.
Si era parlato di punire l’operaio con qualche giorno di sospensione, dato che comunque la violazione non era certo grave. Dalla direzione dello stabilimento però non hanno voluto sentire ragioni e hanno spedito la lettera di licenziamento.

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