Ravenna, "assassina hai abortito". Lo stalker la perseguita

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«Sei una assassina, hai ucciso un bambino, non sei una donna». Sarebbero queste le parole rivolte da un 25enne marocchino del Ravennate nei confronti della 24enne con cui aveva avuto una relazione dal 2017 al 2020. Parole riferite all’aborto deciso dalla ragazza nell’estate del 2019, dopo avere saputo di essere rimasta incinta di lui, inizialmente d’accordo con la scelta e poi fattosi sempre più aggressivo e violento. Lei aveva chiesto che l’episodio restasse segreto, ma lui lo aveva rivelato persino a colleghi e amici della ragazza, trascinandola in un incubo nel quale alle violenze psicologiche e alle minacce si sarebbero alternati, con frequenza sempre maggiore, anche maltrattamenti fisici, spinte, lesioni. Quello dell’aborto è solo uno degli episodi emersi ieri nel corso della deposizione della ragazza, ascoltata dalla giudice Antonella Guidomei come persona offesa e costituitasi parte civile nel processo che vede l’uomo, difeso dall’avvocato Nicola Casadio, accusato di stalking e lesioni aggravate.

All’origine c’è la denuncia presentata dalla ragazza ai Carabinieri nell’ottobre del 2020 quando, dopo aver deciso di chiudere definitivamente la relazione, sarebbe stata raggiunta all’ingresso del luogo di lavoro dall’ex che, introdottosi nella sua auto, le avrebbe tirato i capelli per poi chiuderle la mano nello sportello. In seguito all’accaduto era stata emessa una ordinanza restrittiva che vietava a entrambi ogni contatto con l’altro. Ma – ed è un altro dato emerso nella giornata di ieri – anche tale misura sarebbe stata violata dal 25enne, che avrebbe continuato a cercare l’ex persino nei giorni precedenti alla sua deposizione in aula: «Mi ripete che sono l’unica donna della sua vita e poi mi invia le foto delle ragazze che si porta a letto – ha riferito la 24enne in lacrime –. Pochi giorni fa mi ha scritto su Messenger “Se ti presenti al processo sai cosa ti succede”. In un altro messaggio diceva di essersi recato sul posto di lavoro di mia madre e di conoscere a memoria la targa della sua auto».

Messaggi che il ragazzo avrebbe cancellato: «Forse – ha ipotizzato la giovane – pensava che andassero persi per sempre». Sulla scorta di quanto raccontato in aula dalla 24enne, tutelata ieri dall’avvocato Mauro Faccani in sostituzione del collega Raffaele Coletta, il vice procuratore onorario Annalisa Folli ha chiesto l’aggiunta dell’obbligo di firma per l’imputato, «stante la violazione della misura in atto».

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