Ravenna, arbitri a giudizio. Il processo finisce in parità: assolti

Si è conclusa con un pareggio. Non fra squadre avversarie, bensì fra arbitri accusati di falsa testimonianza. Sono stati assolti entrambi. Impossibile infatti stabilire chi dei due abbia mentito di fronte al giudice nel corso di un processo civile nato in seguito a un grave infortunio in campo. E allo stesso modo non è stato possibile chiarire con certezza se l’uno o l’altro avesse realmente diretto l’amichevole del 5 febbraio 2011 a Casalborsetti, tra la squadra di casa Stella Rossa e l’A.Z. Football 2003, interrotta ben prima del fischio finale con l’ingresso dell’ambulanza e il ricovero in ospedale di uno dei giocatori.

Un brutto fallo

Un processo per certi aspetti surreale quello che si è concluso ieri mattina con la sentenza pronunciata dal giudice monocratico Beatrice Marini nei confronti dei due imputati, entrambi ravennati, oggi di 36 e 74 anni, difesi rispettivamente dagli avvocati Silvia Brandolini e Lucia Pappalettera. Ne è passata di acqua sotto i ponti dall’incontro amichevole tra due formazioni dilettantistiche: 10 anni. Quella disputata tra la squadra della località rivierasca e la formazione rivale, sempre ravennate, non era era una partita ufficiale. E ad arbitrare non era stato chiamato un professionista designato dalla federazione. Era accaduto che durante un contrasto di palla un giocatore della squadra ospite avesse subito un brutto fallo da dietro: tibia e perone rotti.

La causa civile

Il “secondo tempo” si era giocato in tribunale, con un processo civile imbastito per chiedere i danni dovuti all’entrata killer. Nel frattempo gli anni sono passati. Chiamati a testimoniare all’udienza del 16 settembre 2014 nell’ambito di quel procedimento, i due direttori di gara avevano dato risposte ritenute non limpide: il 36enne aveva riferito di avere arbitrato la partita, contrariamente a quanto invece sostenuto dal giocatore della squadra di casa. Il “collega” 74enne, dopo avere inizialmente dichiarato di avere diretto l’incontro, aveva poi ritrattato in aula, concludendo di non essere più certo di quanto affermato in passato.

Ricordi annebbiati

La palla era passata per competenza alla Procura dando il via al processo penale nei confronti di entrambi. Sono stati sentiti presidenti e dirigenti sportivi, ma anche giocatori. E’ inoltre emerso che il più “esperto” dei due arbitri in un anno aveva usato il fischietto in quasi 800 gare, tra calcetto e altri incontri; ne faceva anche 6 al giorno. Facile, dopo anni, fare confusione. Ne è uscito un pareggio, tra chi ha indicato l’uno e chi l’altro come arbitro della famigerata partita. Così anche l’accusa, rappresentata dal sostituto procuratore Monica Gargiulo, è giunta al fischio finale senza chiedere alcuna pena.

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