Ravenna, annullato il maxi sequestro da 7,6 milioni per Sirio

Annullato il sequestro da 7,6 milioni di euro emesso nei confronti degli ex amministratori della Sirio Spa, storica azienda ravennate divenuta leader nella gestione del servizio bar nelle strutture sanitarie, ma anche nel settore della ristorazione lungo le arterie autostradali. La decisione è stata presa dal tribunale del Riesame, che ha accolto l’istanza presentata dai legali dei due indagati, rispettivamente l’ex amministratrice delegata e l’ex presidente del consiglio di amministrazione, finiti al centro di un’inchiesta per falso in bilancio.

Il sequestro

Nei loro confronti, lo scorso 3 luglio, era arrivata la convalida del maxi sequestro preventivo disposto a fine giugno dal sostituto procuratore Angela Scorza. Un’operazione del valore complessivo di 7,6 milioni, appunto, affidata al nucleo Polizia Economico Finanziaria della Guardia di Finanza di Ravenna: all’ad e al presidente erano state “congelate” risorse economiche da 4,4 milioni e 3,2 milioni di euro, alle quali si aggiungevano anche altri beni. Per evitare, una volta a conoscenza delle indagini in corso, che potessero dolosamente spogliarsi dei beni personali al fine di evitare la loro apprensione per la successiva confisca da disporsi in caso di condanna, il provvedimento preventivo urgente emesso dall’autorità giudiziaria bloccava anche 4 unità abitative, di cui due villini e due appartamenti, un deposito e una quota parte di 107 terreni agricoli. Anche questi beni torneranno ora ai proprietari, come disposto dal collegio presieduto dal giudice Cecilia Calandra e composto dai colleghi Cristiano Coiro e Cosimo Pedullà.

Rimanenze “gonfiate”

Le accuse formulate nel corso dell’ampia indagine si riferiscono a un periodo che spazia dal 2015 al 2021, e nasce in seguito alla segnalazione dell’amministratore giudiziario nominato dal Tribunale di Bologna per gestire il tracollo della società, ammessa al concordato preventivo in continuità. Dall’analisi di bilanci e documenti, dalle testimonianze di diversi ex dipendenti e partner, e passando al setaccio una mole enorme di materiale informatico, gli investigatori hanno appurato che gli ex amministratori, a loro volta soci di maggioranza, avrebbero gonfiato i bilanci di esercizio indicando rimanenze di magazzino fino a 10 volte superiori a quelle realmente esistenti, modificando, con vere e proprie alterazioni materiali, i contratti con importanti fornitori al fine di contabilizzare crediti commerciali in realtà fittizi.

L’operazione avrebbe portato a una sopravvalutazione dell’attivo patrimoniale, facendolo arrivare a oltre 32 milioni di euro, tra rimanenze di magazzino sovrastimate per ben 26 milioni, e crediti inesistenti per altri 6,5 milioni. I due indagati, stando all’ipotesi investigativa, avrebbero accumulato in questo scenario profitti personali per oltre 7 milioni, smarcandosi così dalla necessità di ripianare le importanti perdite che, senza i falsi, si sarebbero concretizzate. E in questo modo avrebbero prolungato la vita dell’azienda in crisi, continuando a percepire stipendio e benefit aziendali.

Il ricorso della difesa

Ha fatto però breccia sul sequestro l’argomentazione della difesa dell’amministratrice delegata, assistita dagli avvocati Lorenzo Valgimigli ed Enrico Ferri. Sostenendo che nel 2015 l’azienda non fosse in crisi e insistendo sulla mancanza di corrispondenza tra il profitto del reato di falso in bilancio e l’ammontare del sequestro, ne hanno chiesto l’annullamento. Ieri il tribunale ha sciolto la riserva assecondando la loro richiesta.

Il concordato

Parallelamente, per la Sirio spa prosegue il fronte del concordato preventivo. Di recente il Tribunale di Ravenna ha pubblicato il decreto di omologa in continuità aziendale. Si tratta di un passaggio che – come dichiarato dall’azienda – si inserisce in una complessa operazione di ristrutturazione che prevede l’ingresso di un nuovo socio, AdAstra Holding srl, e che consentirà la salvaguardia di oltre 600 posti di lavoro.

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