Raggirato e abbandonato in tribunale a Ravenna. Condannata 2 anni

In quella che lui chiamava “Organizzazione senza nome” avrebbero tramato alle sue spalle la moglie, la figlia, la badante, i cassieri della sua banca e pure il vescovo di Ravenna. Il terrore di essere perseguitato appare chiaramente frutto dei deliri di un uomo giunto agli 85 anni e afflitto dalle paranoie. Eppure tra le tante ossessioni, una è stata valutata come veritiera: e ieri è costata la condanna a due anni e un mese (oltre a una provvisionale di 10mila euro) alla 47enne Venera Iorghin. L’aveva conosciuta in quanto figlia di una signora che faceva le pulizie nella sua abitazione di Russi. Secondo l’accusa (rappresentata ieri dal vice procuratore onorario Adolfo Fabiani) fu lei a convincere l’anziano a fare causa a uno dei familiari, dandogli appuntamento in tribunale per un presunto incontro con un avvocato, facendosi consegnare la bellezza di 11 mila euro in contanti che sarebbero serviti per la parcella. «Aspetta qui», gli disse la mattina del 18 gennaio 2019, abbandonandolo poi tra i corridoi del palazzo di giustizia.

Solo in tribunale

Quel giorno l’anziano rimase ore ed ore in tribunale, senza mangiare né bere, aspettando il ritorno della donna. Nel pomeriggio un giudice penale, vedendolo spaesato nel corridoio chiese l’intervento di un ispettore di polizia giudiziaria della Guardia di Finanza. Alla fine andò a prenderlo una delle figlie, la stessa che l’anziano avrebbe voluto querelare. Dalla visione delle telecamere fu successivamente identificata l’accompagnatrice, difesa dagli avvocati Carlo Benini e Silvia Brandolini.

Le paranoie

Nominata amministratrice di sostegno del padre e costituitasi parte civile con l’avvocato Ivonne Milani, la figlia dell’uomo ha descritto nel corso del dibattimento la patologia sofferta dal genitore da ben prima che gli fosse ufficialmente diagnosticata. Già anni addietro l’uomo era convinto che la moglie facesse parte di un fantomatico gruppo. Lo chiamava l’ “Organizzazione che non esiste”, e talvolta “la grande organizzazione”. Temeva lo volessero avvelenare. Dopo anni di vaneggiamenti, si era separato, decidendo di prendere una donna che lo aiutasse nelle faccende domestiche. Una colf, madre della 47enne. Sarebbe stata quest’ultima ad approfittare delle paranoie dell’anziano, manifestate nel corso degli anni soprattutto nei confronti dei familiari. Si era convinto che la figlia gli avesse venduto quattro appartamenti di sua proprietà ed era andato su tutte le furie. Sarebbe stato quello, secondo l’accusa, il pretesto per organizzare il raggiro. Eppure, stando all’arringa difensiva dei legali dell’imputata, l’affidabilità dell’uomo sarebbe dubbia su tutti i fronti: sia per quanto riguarda le manie di persecuzione legate alla fantomatica “organizzazione senza nome”, sia per l’episodio dell’abbandono senza più un quattrino tra i corridoi del tribunale.

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