Raffaello star del 2020 tra Roma e la Romagna

CESENA. Preludio alla celebrazione di una superstar del Rinascimento, la mostra “Raffaello e gli amici di Urbino” a Palazzo Ducale ha fatto da apertura alla numerosa serie di eventi che ricorda i 500 anni dalla scomparsa del “divino pittore”, a partire dalla grande mostra romana alle Scuderie del Quirinale fino all’attesa esposizione autunnale a Rimini della splendida Madonna Diotallevi.
L’ovale di Genga da Cesena
La bella mostra urbinate ha permesso di ammirare un’opera del patrimonio artistico romagnolo dalla storia largamente inedita, nella sala dedicata all’opera di Girolamo Genga (1476 ca.–1551): la sua “Annunciazione”, conservata al Museo della Cattedrale di Cesena e giunta in prestito dalla diocesi di Cesena-Sarsina.
Il bellissimo olio su tavola, rettangolare in origine, fu ridotto in forma ovale quando Francesco Callegari realizzò la nuova ancona (immagine sacra destinata all’altare) per l’altar maggiore della chiesa di Sant’Agostino, e faceva parte del grande polittico che Genga realizzò tra il 1516 e il 1518, smembrato e disperso durante le spoliazioni napoleoniche.
Abbiano chiesto a Marino Mengozzi, direttore dell’Ufficio beni culturali della diocesi di Cesena-Sarsina, il significato della collocazione di questa “Annunciazione” cesenate all’interno della mostra dedicata a Raffaello e alla sua cerchia pittorica.
‹‹La ragione primaria sta naturalmente nella nascita urbinate di Girolamo Genga, che precede di sette anni quella di Raffaello, e nell’humus formativo: già allievo di Luca Signorelli, il Genga guarda alla pittura toscana e romana, agli artisti del primo Cinquecento (Bramante, Raffaello, Michelangelo, Lotto, Bramantino), ma anche a Leonardo, ne recepisce la lezione ma poi la sintetizza a modo suo con originalità e fantasia. Per l’altare maggiore della chiesa di Sant’Agostino il pittore allestì una scenografica gran macchina che troneggiava nello spazio absidale del vasto tempio affidato all’ordine degli Agostiniani, arricchita da un’incorniciatura dipinta che l’assemblava, completandone lo splendore e l’imponenza (il tutto superava gli 8 metri d’altezza)››.

L'intervista a Marino Mengozzi, direttore beni culturali della diocesi di Cesena-Sarsina sul Corriere Romagna in edicola oggi, 5 marzo.

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