Pos e commissioni, i commercianti romagnoli: "Spiegateci perché dobbiamo pagarle noi"

Il dietrofront sul pos non sembra essere piaciuto agli esercenti romagnoli che, probabilmente, speravano nella linea dura da parte dell’esecutivo guidato da Giorgia Meloni. Specie sul nodo saliente che si chiama: costi delle commissioni. La “resa” è giunta nel pomeriggio di domenica e così, dopo quasi un mese trascorso difendendola a spada tratta, la decisione di togliere le sanzioni nei confronti dei commercianti che non accettano pagamenti elettronici al di sotto dei sessanta euro è uscita dalla legge di bilancio. La premier aveva tirato dritto davanti alle critiche di Bankitalia, ingaggiando lo scontro frontale, ma si è dovuta fermare all’alt della Commissione europea, che ha ricordato al Governo nazionale come la norma proposta fosse in contrasto con uno degli obiettivi del Piano nazionale di ripresa e resilienza, ossia l’introduzione di sanzioni amministrative efficaci in caso di rifiuto nell’accettazione di pagamenti elettronici. Il traguardo era stato centrato dall’Esecutivo guidato da Mario Draghi, che nel secondo decreto Pnrr varato ad aprile di quest’anno aveva introdotto le multe a far data dal 30 giugno 2022. L’obbligo del pos, in realtà, esiste da un decennio – divenne concreto nel 2012 col decreto crescita di Mario Monti – ma solo sulla carta, perché nessun Governo era riuscito a far partire le sanzioni per gli inadempienti. Poi la svolta a partire da quest’anno.

Parola agli esercenti

«Il Governo era partito andando incontro alle richieste che avevamo fatto», commenta il presidente di Confcommercio Rimini Gianni Indino che poi, con un filo di rammarico, aggiunge: «Peccato che ora, per ragioni di opportunità, sia tornato indietro». Il problema secondo Indino è che tutto il dibattito attorno ai pos si è posizionato su punti a suo dire errati. «Quello che più mi dispiace – dice – è che siano stati individuati i piccoli commercianti come evasori, quando noi rilasciamo tutti gli scontrini. Inoltre, non è vero che non vogliamo le carte di credito; quello che chiediamo è un intervento sui costi delle commissioni». Lavorare sul loro azzeramento è la strada che Mauro Mambelli, presidente di Confcommercio Ravenna, vorrebbe veder perseguita. La Meloni proprio ieri ha detto che, nonostante il dietrofront, continuerà a lavorare per togliere le commissioni. «Il pos è un servizio che c’è e soprattutto che serve – chiarisce Mambelli –, ma non capisco perché dobbiamo essere noi a doverlo pagare». Tra l’altro non si tratta del solo nodo da dover sciogliere, «perché – spiega – le commissioni sui buoni pasto sono ancor più scandalose, dato che si arriva a punte del 20%. La formula migliore? Senza dubbio Satispay». L’applicazione italiana di pagamento digitale è infatti piuttosto apprezzata, dato che consente lo scambio immediato di denaro, oltre che nessun costo per spese sotto i 10 euro. L’idea, guarda caso, è nata da due cuneesi che avevano notato la reticenza di molte attività nell’accettare la carta di credito per piccoli importi. Che il tema sia esclusivamente sul piano dei costi lo conferma anche il direttore di Confesercenti Cesena, Graziano Gozi. «In realtà – ricorda – per noi i pagamenti elettronici sono davvero molto validi. Ci permettono di avere meno contanti in cassa e, di conseguenza, di essere meno esposti al rischio di furti o rapine». Sul discorso è concorde anche Giancarlo Corzani, direttore di Confesercenti Forlì, che, per questo, punta nuovamente il dito sui costi: «Adesso la redditività dei commercianti è davvero molto ridotta e se togliere sempre di più i contanti è per noi cosa gradita, pagare costi di commissione per un servizio privato reso obbligatorio è del tutto insensato».

I consumatori

Dall’altra parte della cassa, però, ci sono i clienti, per i quali i cartelli «non si accettano contanti sotto ai…» sono un qualcosa di anacronistico. «Dopo dieci anni che aspettavamo l’entrata in vigore delle sanzioni – commenta Mauro Antonelli dell’Unione nazionale dei consumatori –, sarebbe stato scandaloso vederle rimuovere in appena sei mesi. Per questo ringraziamo l’Europa». Sull’utilizzo del credito d’imposta per coprire i costi delle commissioni Antonelli è concorde, ma ci tiene anche a fare una precisazione: «Le commissioni non le hanno mai pagate gli esercenti, ma noi consumatori, perché alla fine è sui clienti che vengono traslati tutti i costi, tramite, lo vediamo oggi più che mai, l’innalzamento dei prezzi dei prodotti venduti».

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