Sono ben 4.159 le persone ricoverate per Covid con sintomi “importanti” negli ospedali di Rimini e Riccione dal marzo 2020 a oggi. Oltre il 10% della popolazione complessiva della provincia. Escludendo quelle purtroppo decedute (il numero si avvicina ai mille) e quelle che se la sono cavata con una forma lieve, la metà è stata presa per mano dal Reparto di Pneumologia e accompagnata in un percorso di ritorno alla quotidianità che in tanti casi non è affatto «indolore». Anzi. Lo rivelano il primario Luigi Arcangelo Lazzari Agli e la dottoressa Anna Ferravante, responsabile appunto dell’Ambulatorio Post Covid.
Monitoraggio capillare e screening
«Dal punto di vista ospedaliero, come reparto abbiamo avuto la gestione dei pazienti ricoverati in Terapia Subintensiva, che poi abbiamo continuato a seguire con un’azione capillare e un’attività ambulatoriale articolata su più livelli» spiegano, partendo dal principio: «Abbiamo sottoposto a nuova lastra tutti i pazienti ricoverati nelle Terapie Intensiva e Subintensiva tre mesi dopo la dimissione e quelli che avevano avuto una polmonite. Quindi i nostri pneumologi e radiologi hanno compiuto uno screening sulla base delle risultanze e, su 2.000 ricontrollati, ne abbiamo presi in carico 500. Quelli cioè risultati nuovamente positivi alla lastra e quelli che erano ancora sintomatici per affanno e apnea da sforzo, oltre a quelli che avevano messo il casco o erano stati intubati. Possiamo dire quindi di aver preso in esame tutti i malati seri di Covid della provincia e di non aver lasciato indietro nessuno».
Assistenza domiciliare e ritorno alla vita
Dopo quello ambulatoriale, si è quindi attivato anche un percorso di assistenza a domicilio. «I pazienti dimessi con un’insufficienza respiratoria li abbiamo seguiti inizialmente in telemedicina e quindi i casi più acuti (110) li abbiamo riallenati grazie a un nostro specialista in Medicina Sportiva e all’ausilio della Fisioterapia: sono stati aiutati con esercizi a casa e contatti costanti» proseguono Lazzari e Ferravante, rivelando: «Una piccola quota di persone con esiti più gravi è stata anche inserita in un nuovo percorso ambulatoriale e rivisitata per monitorare i miglioramenti e osservare l’evoluzione del post Covid».
Sei mesi in trincea
A differenza da quanto si pensi più o meno tutti, non è stata la prima ondata quella più drammatica dal punto di vista ospedaliero. «Quella del marzo 2020 è stata più travolgente ed eravamo più impreparati, ma la fase più estrema è durata un mesetto, mentre nella seconda è stato un continuum da ottobre a marzo e l’ultima dimissione di un paziente costretto a indossare il casco l’abbiamo avuta solo a maggio. C’è un dato che lo spiega bene: nella fase 1 in Terapia Subintensiva abbiamo seguito 60 pazienti, nella seconda e terza 550. Il grosso lo abbiamo avuto nel 2021» rivelano infatti i due medici
Conseguenze anche negli sportivi, il dramma anziani
Nelle sue forme più gravi, il Covid lascia strascichi sotto più punti di vista: pneumologici, cardiologici, muscolari e umorali. «Per quanto riguarda il discorso respiratorio, le persone con forme più severe, quelle intubate o che hanno dovuto indossare il casco, hanno avuto esiti sui polmoni: il 10% di loro, una sessantina di casi dunque, ne ha di importanti e deve continuare a essere monitorata nel tempo. Ci sono poi alcune persone che hanno subito conseguenze cardiologiche quali ad esempio delle miocardie: fra loro, una percentuale per fortuna esigua (5-6 pazienti sul totale) non è potuta tornare a fare attività sportiva e si parla anche di atleti di sport di fatica quali triathlon, nuoto o ciclismo. Va detto però che in linea di massima quasi tutti riprendono una vita normale, perché le lesioni della polmonite da Covid tendono a regredire» rivelano ancora i due professionisti, che chiosano con un pensiero alle persone anziane: «I malati di Covid hanno danni muscolari importanti, perché si tratta di un virus che colpisce tutto l’organismo. Logicamente gli anziani ci mettono di più a riprendersi sotto tutti i punti di vista: sia quello fisico che quello pneumologico (le persone sopra i 70 anni hanno avuto quasi sempre esiti polmonari), senza considerare il problema del ritorno dell’umore per quanto si resta provati dall’esperienza del ricovero in solitaria e del casco. Nelle visite dopo tre mesi ne abbiamo trovati tantissimi ancora scossi».