Lugo, le motivazioni: "Ecco perché Daniela Poggiali è innocente"

Lugo

«Ora, dopo 7 anni, si può dire con assoluta certezza che non esistono uccisioni avvenute in passato o morti precedentemente causate dalla Poggiali». L’intenzione è quella di chiudere il caso una volta per tutte, contestando il movente e confutando tutto il quadro indiziario, per arrivare a dire che Rosa Calderoni «non ricevette alcuna somministrazione di potassio». Dunque, non fu affatto assassinata. Trapela questo dalle motivazioni della sentenza che lo scorso 25 ottobre ha nuovamente assolto Daniela Poggiali per la morte della paziente 78enne, secondo l’accusa uccisa dall’ex infermiera con iniezioni letali di cloruro di potassio l’8 aprile del 2014 durante il ricovero all’Umberto I di Lugo. Depositate con un ritardo di un centinaio di giorni rispetto ai termini fissati, le oltre 250 pagine portano la firma del giudice Stefano Valenti, presidente della Corte d’assise d’appello di Bologna, ora in pensione. A lui spettava il delicato compito di presiedere il sesto processo sulla vicenda, passata negli anni dalla condanna all’ergastolo del 2016, alle due assoluzioni in appello, entrambe cassate dalla Suprema corte. Un caso più unico che raro, che ha esposto il nuovo collegio giudicante – così premette la sentenza – «a un serio rischio di disorientamento», vista la complessità della materia e la mole enorme di dati finiti agli atti. L'articolo intergrale e gli approfondimenti sul Corriere Romagna, in edicola domenica 8 maggio

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