Poesia e musica: Pizzaleo, Lanci e Brullo alla Classense

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Musiche del tempo di Dante che si riconnettono all’oggi. A vent’anni dalla loro trascrizione dal manoscritto “Reginense latino 1490” della Biblioteca Vaticana, le melodie e i testi del troviero del tardo XIII secolo Guillaume d’Amiens li Paigneur (“il Pittore”, in lingua d’oïl) rivivono in una meditazione poetica e musicale il 29 maggio alla Sala Dantesca della Biblioteca Classense per “I luoghi delle spirito e del tempo”: “Amor mi tiene in pericolo. Il canzoniere di Guillaume d’Amiens”, concerto per voce, clavisimbalum e musica elettronica (17.30, prenotazione obbligatoria). I rondeaux e le due chansons d’Amiens si alterneranno con le musiche elettroniche e originali del compositore Luigi Pizzaleo e la trama poetico-narrativa tessuta intorno ai temi e alle suggestioni dell’antico canzoniere trovierico (sono detti trovieri i poeti in lingua d’oïl) corrispondenti ai trovatori della poesia provenzale) dallo scrittore Davide Brullo. La voce e il clavisimbalum di Arianna Lanci illuminano i canti del pittore come gli approdi di un percorso di danze, amori evanescenti, immaginazione. Il concerto sarà anche il 19 agosto al festival “Antiqua” di Bolzano e il 15 settembre per “Ossessioni” al Museo Carlo Zauli di Faenza.

Lanci, a cosa si deve il particolare arrangiamento come “Concerto per voce, clavisimbalum e musica elettronica”?

«Al desiderio di una performance che fosse anche una meditazione: una presa di contatto, intima e personale, con il troviero sconosciuto e le sue melodie. Il mio canto, nel dare vita ai rondeaux e alle due chansons di Guillaume, fiorisce nella precisa trama poetico-narrativa tessuta da Davide Brullo, dentro lo sfondo evocativo creato dalle composizioni elettroniche di Luigi Pizzaleo. Fa da cornice e da collante il suono del mio clavisimbalum, una voce tra le voci, sentiero fantastico e onirico che conduce lontano, nel tempo e nello spazio».

Pizzaleo, come è avvenuto l’incontro con il canzoniere di Guillaume d’Amiens?

«Fu un incontro quasi fortuito, avvenuto molti anni fa per motivi di studio. Forse Guillaume non è uno dei trovieri più rappresentativi (la sua tradizione è ridotta al manoscritto da cui sono tratte queste melodie e il numero dei componimenti è esiguo), ma è certamente tipico sia per i temi, sia per la raffinata filigrana retorica sia per l’alternanza tra il registro aulico delle chansons e quello più giocoso e salace dei rondeaux. Ma noi non siamo filologi e, giocando sulle reticenze di un testo musicale già seducente, abbiamo trasfigurato, sognato un Guillaume tutto nostro».

Quanto la poesia dei trovieri influenzò Dante Alighieri?

«Dante conosce e ammira la civiltà trobadorica tanto da concedere ad Arnaut Daniel, “miglior fabbro del parlar materno”, il privilegio di parlare in provenzale in un celebre passo del Purgatorio. La poesia francese dei trovieri, generalmente più stilizzata e formulare, è meno vicina a Dante di quella trobadorica, ma è comunque viva espressione di quel mondo feudale e cortese, ancorché proiettato verso una dimensione più urbana, di cui Dante giovane aveva introiettato i valori e sperimentato i moduli espressivi, e di cui prova ormai, al tempo della Commedia, una acuta nostalgia».

Brullo, perché ha scelto di ricordare «nel scintillo delle parole e del canto» anche: «Massacro… fuoco e morte. La stessa guerra. Nel Medioevo, nel Novecento, oggi. Sempre»?

«Un corpo esiste, nella sua verità, quando è smembrato dai condor, dagli insetti, dall’erba. Alcune civiltà ritenevano appropriato, una volta sviscerati i cadaveri, riempire quei corpi, bianchi, con pietre preziose: l’illuminazione era corretta. All’amore si risale per via di cenere: il testo, in fondo, costruito da una intuizione di Luigi Pizzaleo, è una sequela. Al massacro segue, in effetti, l’ascesa; il sangue è la peripezia della luce».

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