Pizzolante. Vincenzo Muccioli e Sanpa

Editoriali

Sanpa, la serie Netflix, può distruggere l’immagine di Vincenzo Muccioli e la credibilità di San Patrignano. Non è una interpretazione, non è un commento, più o meno informato, più o meno consapevole, come tanti letti in questi giorni. Di chi non sa, di chi non ha visto, di chi non ha vissuto, di chi capire non vuole. È quel che stanno vivendo quei ragazzi che hanno lavorato con Vincenzo dal principio e che sono ancora lì. Perché hanno dedicato tutta la loro vita a salvare vite. L’amarezza di quei ragazzi, che conosco da 40 anni, è quel che conta per me. Questo film li umilia. È ingiusto. È sbagliato. È vile. Vive sull’odio, sul risentimento, coltiva il pregiudizio. Il sentito dire, i luoghi comuni. Si ha il sentore della vendetta, per qualcosa che non è detto, di non confessato, di inconfessabile. Forse.
Io conosco tutta un’altra storia. Fine 1991, andai da Vincenzo Muccioli. Mi chiamò il Presidente della Regione Emilia Romagna di allora, Enrico Boselli e mi consegnò un messaggio di Bettino Craxi. Andai a consegnarlo a Vincenzo. Lui mi fece sedere nel suo ufficio, salone di lavoro di allora, all’ingresso di San Patrignano a sinistra, chiamò i suoi collaboratori, alcuni dei quali sono fra quelli che oggi si sentono umiliati, mi ascoltò, mi ascoltarono. Eravamo nel mezzo di una trasformazione delle politiche di lotta alla droga. La legge Craxi-Jervolino. Dentro un dibattito politico acceso. Muccioli, Don Gelmini ed altri erano protagonisti della svolta. Craxi voleva Muccioli capolista del Psi nel collegio elettorale che, allora, partiva da Bologna e arrivava Rimini. Questo era il messaggio. Vincenzo chiese un parere a tutti e alla fine mi disse no. No, “se mi candido, se vado in Parlamento per un partito, sarò meno credibile”, mi disse, “il mio posto è qui con i miei ragazzi”, aggiunse. Li guardava in faccia. E non voleva per loro un sovrappiù di tensioni politiche. Ce n’erano già abbastanza. Troppe. In quel momento Muccioli poteva fare il Parlamentare, il Ministro, il leader politico, tutto. Disse di no. Però, per riconoscenza per la battaglia del Psi sulla lotta alla droga, mi propose un candidato vicino alla Comunità: Red Ronnie. Gli dissi che su Muccioli eletto mettevo la mano sul fuoco. Sulla elezione di Red Ronnie non potevo fare altrettanto. Con uno sguardo mi fece capire che importante non era l’elezione, ma la battaglia politica e culturale. ed Ronnie non fu eletto. Ecco, un uomo così è lontano anni luce dall’immagine che emerge nella serie televisiva. Che arriva anche ad intorbidire la sfera affettiva e sessuale. Terribile. Pazzesco.
Avevo conosciuto Muccioli proprio all’inizio della sua avventura. Accompagnavo a San Patrignano, Giorgio Benvenuto, allora segretario generale della Uil e componente della mitica triade: Lama, Carniti, Benvenuto. Giorgio era un uomo potente allora. Con una grande reputazione. Che decise di mettere a rischio, andando a testimoniare in tribunale a favore di Muccioli, accusato di sfruttare il lavoro dei ragazzi che raccoglieva per strada. Per cosa? Per quale business? Visto che aveva consegnato ogni proprio bene alla Comunità. Accuse vergognose. Come altre, nella storia e nella vita di San Patrignano. Che è un luogo di speranza per ogni suo ospite, che però parte da uno stato di dolore, di sofferenza, di dipendenza, di afflizione, di smarrimento, di perdita di facoltà cognitive, di quasi morte, di ognuno. E i percorsi verso la vita non sono indolori. E non sempre hanno successo. E non sempre sono in linea con le aspettative, di ognuno. Quelle legittime e, figuriamoci, di quelle illegittime. Di accusatori che ancora non si vergognano. In bella mostra nella serie Tv.
Mi ricordo il primo pranzo a San Patrignano, con Vincenzo, Benvenuto, Paolo Villaggio. Era l’84, l’85, non ricordo bene la data. Serviva a tavola il figlio di Paolo. Paolo era tristissimo, nonostante il sorriso del figlio che lì è risorto. I racconti di Vincenzo mettevano tristezza. Le accuse assurde dei Pm, i tribunali, di una parte del mondo politico, dei giornali, le angherie degli uffici pubblici, le Unità Sanitarie Locali ostili.
Muccioli era una anomalia. Che andava rimossa. Il mondo del sociale, pubblico e privato, l’assistenza sociale, erano, storicamente, prerogativa del mondo cattolico. E, su un altro versante, della sinistra comunista. Associazioni, cooperative, fondazioni. Muccioli era un accidente politico. Culturale anche.
Ci scontravamo con tutto questo. Ed era uno scontro durissimo. Poi, lentamente, molto lentamente, molte cose sono cambiate. Anche a sinistra. Anche a Rimini e in Emilia-Romagna, all’inizio ostili.
E la Comunità è cresciuta. Con Muccioli e poi anche senza Muccioli. Anzi, ancora di più. È la prova più bella che Vincenzo non dava dipendenza. Che non era un luogo costruito sulle morbosità di un essere morboso e pericoloso. Come il docu- film vuol far credere. Così fosse stato, sarebbe tutto finito con Muccioli. Andatelo a chiedere ai ragazzi che sono arrivati lì con Muccioli, che sono rimasti senza Muccioli, che sono ancora lì, anche per amore verso quello che con Muccioli hanno creato. Sono le più belle persone che io abbia incontrato nella mia vita. Ed è una storia vera, robusta, radicata nel cuore e nella mente di decine di migliaia di persone. E nella storia. Ed ogni volta è una emozione. Forte. Fortissima. La più forte. Ho avuto l’onore di conoscerli. Tutti. Come ho potuto, ho dato il mio contributo, dal sindacato, dalla politica, dal Parlamento. Sempre. E bisogna continuare a farlo. Rimini, che poi capì, deve continuare a farlo. Il meschino non deve appropriarsi del destino.

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