Pizzolante: Renzi e la fine della politica

Editoriali

Un grandissimo magistrato, Giovanni Falcone, diceva che per combattere la Mafia, bisognava cercare la via dei soldi. Arrivare ai mafiosi andando a trovare i flussi di denaro. Asciugando la rete “idrica” del denaro. Un altro grandissimo magistrato, Alessandro Stasi, di Lecce, che ha il merito di aver sconfitto quella che voleva essere la quarta mafia, la Sacra Corona Unita, era famoso, rispettato ed amato, per non fare nulla, proprio nulla, per apparire, cercare la fama.

Parlavano il suo lavoro e i risultati. Straordinari. Questi magistrati, come tanti altri, ai quali l’Italia intera deve moltissimo, avevano in comune altissima professionalità insieme ad umanità, senso della misura, discrezione, riservatezza, rispetto dei ruoli e degli equilibri istituzionali.
Lascio a chi legge i paragoni con magistrati come il Pm di Firenze dottor Creazzo, che dopo aver arrestato i genitori di Renzi, messi in libertà da altri magistrati del Tribunale del Riesame, perché l’arresto non era necessario, scatena duecento finanzieri nelle sedi degli imprenditori, non indagati, che hanno finanziato la Fondazione Open e la Leopolda.
Per - leggo su Repubblica - cercare “prove di eventuali irregolarità”. Perché?
Perché la fondazione si configurerebbe come l’estensione di un partito e perché bisogna andare a vedere se i finanziamenti delle aziende, in realtà, sarebbero finanziamenti illeciti della attività politica, di un partito, in quanto Open estensione dello stesso.
Ora, i magistrati antimafia andavano a cercare i soldi occulti. Cercavano i prestanome del riciclaggio. E stavano attenti a non sbagliare. Si trattava di mafiosi, ma sempre uomini erano.
Qui invece si va in casa di professionisti e grandi imprenditori, che hanno finanziato una Fondazione e la Leopolda alla luce del sole, di mattina presto, con centinaia di finanzieri e con i titoli pronti dei giornali. Per cercare reati. Eventuali.
Quindi, peggio che con la mafia. Asciugare l’acqua che dà vita all’attività politica.
Se la politica è malaffare, se, come dice Davigo, non ci sono innocenti, ma colpevoli in attesa di essere scoperti. Ha una sua logica.
Quindi, via il finanziamento pubblico, via anche il finanziamento privato regolare, ufficiale, dichiarato. Via il malaffare. Il cerchio si chiude. Tutto torna.
Ma senza politica una democrazia vive?
Lasciamo stare Renzi, il caso del momento, l’ultimo dei tanti, negli ultimi trent’anni. Si risponda alla domanda. E da quando, da Tangentopoli, è iniziata questa storia, abbiamo avuto una politica migliore? Si risponda anche a questa domanda.
Ma la colpa è quindi dei magistrati? O di alcuni di loro? Sì alcuni sparano. Ma li abbiamo armati noi. Noi che abbiamo votato partiti e politici che hanno alimentato questo clima. Noi giornalisti che lo abbiamo esasperato. Noi parlamentari che non siamo stati capaci di limitare, fermare, la produzione delle munizioni a disposizione di chi spara.
Perché, come ha scritto Marco Taradash: “se alcune Procure hanno acquisto tanta forza militare da sottomettere la politica(e le imprese) le armi e munizioni le hanno trovate nelle leggi votate dal Parlamento. L’ “Induzione indebita” e il “Traffico di influenze”, le varie cause di ineleggibilità o incandidabilità; la nuova norma sull'”Autoriciclaggio” (legge 186/2014). E poi il nuovo codice antimafia esteso ai reati contro la P.A. del 2017 e la riforma sulla prescrizione sempre del 2017 (ministro Orlando).
Arriviamo infine alla legge che riassume, lo spirito del populismo penale di tutte le precedenti, la “Spazzacorrotti” che inasprisce (ancora) le pene, facilita (ancora) le intercettazioni, introduce l’agente sotto copertura, di fatto cancella la prescrizione dei reati, allungando i processi all’infinito”.
Affinché il politico(o l’imprenditore), che non può essere innocente, possa essere indagato ed impresentabile a vita.
Ma così la politica è morta e porta via con sè la democrazia.
Con il paradosso che, dicono i soliti (ma non è vero), la corruzione sarebbe aumentata!

*già parlamentare

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