Pizzolante: il referendum in profondità

Editoriali

Tutte le opinioni sul sì o sul no al referendum sono legittime, naturalmente, tranne alcune.
Ad esempio, non è l’avvio di un piano di riforme. Non è vero. Il Pd, dopo aver votato contro il taglio, per tre volte, con motivazioni fortissime, nette, per la portata demagogica e populista della riduzione fatta in quel modo, ha accettato di votare poi sì, per andare al governo, in cambio di norme elettorali e regolamentari necessarie per evitare, sosteneva, guasti gravi di rappresentanza e di funzionamento delle Camere.

Era solo un palliativo. Insufficiente e insignificante. Non ha ottenuto nemmeno quello. E non lo otterrà. Perché? Come si può immaginare di fare una legge elettorale proporzionale, come corollario alla riduzione dei parlamentari, con sbarramento al 5 per cento con il consenso di Renzi, Bersani, Speranza, che sono abbondantemente sotto il 5 per cento? In realtà , il Pd ha pensato di approfittare del taglio fatto con la spada della vendetta populista contro il Parlamento, per il desiderio dei 5 stelle di esibirne lo scalpo nelle piazze, per avere il proprio scalpo, tagliare “i traditori”, gli scissionisti, alla sua sinistra e alla sua destra. La propria vendetta. Riforme?
Quindi il taglio non è l’inizio di qualcosa ma la fine di molte cose. Forse anche del Pd.
Finisce l’idea, che in realtà era una ipotesi ai tempi di Renzi, diventata poi un ossimoro ai tempi di Zingaretti, di un Pd baluardo del riformismo alternativo ai populismi. Il Pd alleato strategico dei 5 stelle, che conferma Reddito di Cittadinanza, decreti sicurezza di Salvini, quota 100, decreto dignità, che ha impedito il rinnovo di centinaia di migliaia di contratti a termine, e taglio del Parlamento per somma di vendette, volta le spalle a quanto dice di voler essere.
Un altro argomento non legittimo è quello secondo il quale la sinistra sarebbe sempre stata a favore della riduzione dei parlamentari. È falso. E quando si citano a sostegno personalità del passato, non più in vita, come Nilde Jotti, diventa argomento ingiurioso. La Jotti era per una riduzione collegata alla fine del bicameralismo perfetto. Una sola Camera e un insieme di riforme che rafforzassero
La centralità del Parlamento, come strumento della volontà popolare. Come è possibile citare la Jotti a sostegno della vendetta popolare? È possibile solo se il morbo populista ti ha ormai politicamente dominato. Se non gli resisti più. E se ti sei accomodato dentro una sorta di minimalismo governista.
Attenzione, non è una critica agli uomini di oggi. Non solo. Non è questo. È che vedo, come ha ampiamente analizzato un grande della Repubblica come Rino Formica, il riaffiorare di malattie storiche della politica e delle dinamiche sociali del passato. Che viaggiano sulle gambe tremanti e inconsapevoli degli uomini di oggi. Vedo il minimalismo governista, senza impeto e visione, dell’ultimo giolittismo di oltre 100 anni fa. È una parte del Pd di oggi. È una parte del centro destra di oggi. Se i capi gestione di Pd e Forza Italia sono Zingaretti e Tajani. Vedo il massimalismo che prevalse a sinistra 100 anni fa a scapito del riformismo di Turati, in morte del riformismo di Turati. È il massimalismo interpretato ad un livello culturalmente inferiore dei massimalisti e dei rivoluzionari di allora. Ma è quello. E come allora è un impasto di cattivi umori di di sinistra estrema che toccano gli stessi umori di destra estrema e viceversa. Reddito di cittadinanza, decreti sicurezza, antiparlamentarismo. Come andò a finire bisognerebbe andarselo a rileggere. Biennio Rosso, Biennio Nero, poi il tonfo. Alcuni decenni dopo si ricostruì tutto intorno al Parlamento, del quale oggi si esibisce lo scalpo nelle piazze.
Ecco, il sì e il no al referendum significa decidere soprattutto su questo. Ci sono molti argomenti di dettaglio a favore dell’una o dell’altra tesi.
È vero, ad esempio, che molti parlamentari sono scarsi.
Ma è storicamente provato che non si può immaginare di ripopolare la specie dei tonni con la pinna gialla, con la mattanza.
Mattanza facile o riforme difficili? Questa è la scelta.

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