Pizzolante: crisi della Magistratura

Palamara non è una mela marcia. La si butta via e si è protetto così il resto delle mele del cesto? No! Sono marce anche le altre? No! È marcio il sistema tutto della magistratura italiana? No!
Per dire questo bisognerebbe ragionare come un Davigo qualsiasi, che descrive da 30 anni, la politica, le istituzioni democratiche elette, come covi del malaffare. E, quindi, secondo questa perversione mentale, con caratteristiche nazistoidi, se fai parte di quel sistema, non hai più diritto a dichiararti onesto. Tutti colpevoli in attesa di essere scoperti. Con alcuni che, “la fanno franca”.

Davigo, che con la sua corrente, continua ad essere molto influente dentro l’associazione nazionale magistrati e dentro il Csm. E come funziona l’Anm? E il Csm? Travaglio, che non è proprio un nemico dei magistrati, da Fazio, ha detto che è in atto una guerra fra bande. Il magistrato Alfonso Sabella, colui che arrestò Riina, da Giletti ha detto che c’è una questione morale nel sistema delle correnti della magistratura. Dove si fa carriera, ha aggiunto, per clientela, per appartenenza, per influenza. Proprio tutto quello che i magistrati imputano ai politici. Con uso di manette.
Comunque no! Nonostante quanto emerge dentro l’associazione dei magistrati, dentro il Csm, noi non pensiamo che i magistrati siano tutti colpevoli in attesa di essere scoperti.
È stato scoperto Palamara, grazie al famoso Trojan, che i magistrati hanno fortemente voluto per beccare quelli che vorrebbero “farla franca”. E invece, siccome quello è un Trojan, sono emerse delle intercettazioni figlie di Trojan, che hanno beccato Palamara, ex presidente della Anm, ex membro del Csm.
Palamara dice a tal Auriemma, procuratore di Viterbo, che sulla questione immigrazione bisogna andare addosso a Salvini, anche se ha ragione.
Io penso il contrario, che non abbia ragione ma che non bisogna andargli addosso.
Salvini è un leader politico, espressione di una cultura e di uno stile politico che detesto, ma democraticamente eletto, può il capo di una corrente politica della magistratura dire che “bisogna attaccarlo”? E con quali mezzi un magistrato potente, che è punto di riferimento per le nomine negli uffici più importanti della magistratura, può attaccare Salvini? Con un articolo su un giornale? O con le inchieste? Con stampa al seguito. Capaci di demolire, “anche se ha ragione”, un leader politico. E qualcuno pensa ancora che non sia stato questo, lo stesso metodo usato con Craxi e poi Andreotti e poi Berlusconi e poi D’Alema e poi Renzi?
È il metodo dell’esercizio di un potere enorme che sta dentro la relazione fra magistrati, correnti della magistratura, giornalisti giudiziari e giornali e trasmissioni televisive che ha dominato lo svolgersi delle vicende della politica e della democrazia in Italia. Travolgendole! Nelle procure e nei tribunali. Con la complicità di politici e partiti che prima hanno pensato di usare le inchieste contro i propri nemici e poi sono diventati succubi del sistema creato. Perché quando trasferisci un potere così grande ad un altro potere è poi difficile riprenderselo indietro. E quel potere poi, ancora, si organizza e invade il campo della informazione, rendendola così complice.
Non è questione di mele marce. È lo stravolgimento di ogni equilibrio democratico.
La storia delle correnti è lunga nei secoli.
Magistratura Democratica nacque su iniziativa di un grande magistrato, Beria d’Argentine, per portare dentro la magistratura una cultura delle garanzie, una civiltà del diritto, allora assente, perché era viva e potente una visione reazionaria, figlia del fascismo. Poi MD, virò verso una visione più “combattente”, più ideologica, sino ad immaginare e praticare il diritto come mezzo di lotta politica.
Ma tutto questo, seppur sbagliato, stava dentro una dimensione che aveva spessore culturale.
Da Tangentopoli in poi l’involuzione. Che ha prodotto uno squilibrio dei poteri. Sino alla sottomissione dei poteri elettivi. La Democratura, dice Panebianco.
Questo è il punto.
Ed è ciò che bisogna cambiare se abbiamo a cuore lo stato di diritto e la democrazia.
E sono certo, certissimo, che questo è nel cuore e nella testa di gran parte dei magistrati italiani che fanno il loro dovere.
Che sono servitori dello stato democratico e non eversori. Ma sta a loro adesso, anche a loro, contribuire a trovare una via d’uscita.

*già parlamentare

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