Pirandello parla ai ragazzi. Parola di Lo Verso

Con uno spettacolo vincitore del Premio Franco Enriquez 2017 per la regia e l’interpretazione, e nel 2018 del Premio Delia Cajelli, questa sera (ore 21.15) approda al teatro Zampighi di Galeata Enrico Lo Verso. Proposto per la prima volta nel 2017, a 150 anni dalla nascita di Luigi Pirandello, Uno, nessuno e centomila è tratto dal celebre romanzo del premio Nobel agrigentino da Alessandra Pizzi che firma anche la regia, e conta un grande successo, tanti sold out e circa 200mila spettatori.

«Ma devo ammettere – commenta Lo Verso – che anche dopo oltre 250 repliche mi dà tanta energia, e anche se è capitato di fare quattro recite in un giorno, e pensavo di non riuscire neanche a salire sul palco, in realtà l’ultima recita è quasi sempre la migliore!».

Avete scelto di proporre “Uno, nessuno e centomila” come monologo.

«Ma in realtà sul palco ci sono moltissimi personaggi che interagiscono, in una continua scissione e molteplicità che diverte».

Allora ci si può divertire con un classico?

«Per parlare di Pirandello dobbiamo usare una… parolaccia: “cultura”, un termine che spaventa e che oggi viene snobbato. Ma la cultura nasce proprio con lo scopo di intrattenere, cioè di “divertire”, che significa “allontanare”. Chi si alza dal divano e sceglie di venire a teatro, quando il sipario si alza si deve divertire, cioè deve potersi allontanare dai pensieri quotidiani. Anche attraverso i classici, certo: che hanno valicato secoli e millenni parlando alla nostra parte più ricettiva».

Ed è facile rivedersi in Vitangelo Moscarda.

«Sì, oggi poi con i social finiamo sempre più per diventare quello che gli altri vedono di noi. È interessante in questo senso quello che succede con le scuole: le prime volte andavo in scena un po’ timoroso, ricordando quello che combinavo io da ragazzo nella stessa situazione. Ma ero anche curioso di vedere se i ragazzi si sarebbero accorti che questo testo parla proprio di loro e dei loro centomila avatar. I ragazzi subiscono una moltiplicazione dell’io da quando si svegliano a quando vanno a scuola, o si trovano con gli amici, assumendo ruoli diversi a seconda dell’interlocutore».

Questo però capita a tutti.

«Sì, ma i giovani ancora di più cambiano faccia, comportamento, modulazione della voce. Questo spettacolo invece li rende consapevoli: qualcuno all’inizio tiene acceso il cellulare, ma poi lo spegne quando si accorge che Vitangelo c’entra con la sua vita. E poi c’è chi fa domande, alla fine, che aprono anche a me prospettive a cui non avevo pensato: come il ragazzo che suggerì che forse Moscarda fosse stato bullizzato… Ecco, da allora ho guardato lo spettacolo in una prospettiva diversa, segno che Uno, nessuno e centomila può davvero diventare centomila spettacoli».

E voi ne avete un riscontro.

«Sì, abbiamo un “libro delle impressioni” in cui chiediamo agli spettatori una riflessione, e ce ne sono di molto interessanti e sorprendenti. Forse questo deriva anche dalla semplicità del nostro approccio: seduto in pizzeria con la famiglia racconto la mia vita, sperando, dico, che le persone care possano evitare le parti dolorose della mia esperienza e trovare più facilmente di me la loro serenità. È un desiderio da pazzo? Forse quella di Vitangelo è una lucida follia, un ragionamento spietato sulle proprie fragilità che però marca la differenza fra lui e gli altri. Ma mentre lui è alla ricerca della consapevolezza, sono proprio gli altri ad annullarsi facendosi branco: e diventano “nulla”, che è molto peggio che essere “nessuno”».

Biglietto: € 14-12

Info: 338 3169741

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