Pino Parini, un turista dell’esistenza

Pino Parini è morto sabato 16 settembre a Rimini. Artista, scienziato, didatta amatissimo, era nato a Brisighella nel 1924. Martedì 19 si sono svolti i funerali nella chiesa di San Guliano Martire alla presenza della famiglia e di tanti amici, colleghi e allievi (Foto Morosetti).

di ANNAMARIA BERNUCCI Pino Parini era un instancabile affabulatore, gentile e carismatico. La sua umanità era avvolgente al pari della sua generosità. La sua scomparsa lascia un ganglio scoperto, ci lascia orfani di una mente curiosa e inesausta, nello studio e nelle letture. Stava per guadare, il prossimo gennaio, il traguardo dei cento anni, essendo nato nel 1924. Ma con la sua ironia sferzante avrebbe volentieri preso le distanze e osservato ben altro, cioè di trovarsi «alla foce dell’esistenza sulla spiaggia del gran nulla».

Per tutta la sua vita, spesa per la ricerca, inseguendo anche il suo talento didattico, ha accompagnato generazioni di studenti sia all’Accademia di belle arti di Urbino nel corso di Teoria della percezione, sia attraverso un manuale divenuto celebre (coatore Maurizio Calvesi) del 1984 dal titolo L’immagine, corso di educazione artistica, sul quale si sono formate schiere di allievi. L’operare e il vedere, attività complementari, attraverso la novità di un metodo organico, diventano due insegnamenti di fondo, affrancando la visione dagli stereotipi che condizionano la mente.

Era il prodotto di una nuova estetica sperimentale. Tutto volge a modificare una concezione statica della percezione – così come maturata da secoli – per sostituirla con una mobile, capace di valorizzare quelli che Parini chiamava i «dinamismi attenzionali», dove percezione e costruzione mentale dell’immagine vanno di pari passo verso la costruzione cosciente e partecipata dei valori estetici. La sua analisi parte dal controllo percettivo delle figure geometriche sino alle riflessioni sulla fruizione della luce e dell’ombra, che traggono origine da indagini di ordine psicologico e neuro-fisiologico svolte sulle funzioni della visione e della elaborazione delle immagini.

Una nuova didattica e un nuovo processo educativo che nascono lontano. E lo si spiega subito. Parini è stato collaboratore di Silvio Ceccato, amico di Lucio Fontana. Li aveva conosciuti a Milano nel 1959. Ceccato dirigeva il Centro di Cibernetica dell’Università di Milano, Fontana, considerato dai gruppi di ricerca cinetica una sorta di “padre storico” (si ricorda il suo Manifesto spaziale per la televisione del 1952, esempio di slittamento di rapporti dalla scienza alle nuove tecnologie), espresse da subito un apprezzamento diretto per le ricerche estetiche – artistiche e letterarie – di Parini. Un sodalizio fertile quello che ne scaturisce e Parini comincerà a raccogliere parecchie sfide.

Rimini, a partire dagli anni ’60, si trovò al centro di un dibattito critico senza precedenti, approdando a un vero e proprio palcoscenico nazionale in un rinnovato interesse per le arti. Una fioritura di eventi portano sul nostro territorio figure di prestigio (Giulio Carlo Argan, Pierre Restany, Mario Apollonio, solo per citarne alcuni) attraverso i Convegni di Verucchio, le Biennali di San Marino: l’attenzione era volta a superare l’impasse del movimento Informale, troppo diffuso, troppo radicato e ramificato. Piuttosto l’intento era creare attenzione verso nuovi nomi artistici che circolavano, legati alla corrente pittorica del Nouveau Realisme e della Nuova Figurazione, sino a contemplare altri artisti che toccavano le corde di un’arte sperimentale neo-costruttivista, di ispirazione geometrica. Ma già dal 1959 Pino Parini aveva elaborato progetti in questa direzione, concentrando le sue ricerche sui rapporti tra la rappresentazione pittorica e la struttura del pensiero filosofico. Bisogna partire da qui per comprendere le ragioni del suo tragitto raffinatissimo che lo ha condotto a percorrere una estetizzazione dei processi del pensiero, mantenendo nel tempo un prolungamento coerente e attivo su questi principi.

Con Ceccato, Parini strinse una inedita forma di collaborazione, indotto dal filosofo milanese creatore della “cibernetica della mente”, a creare nuove connessioni con gruppi di ricerca attivi allora a Rimini. Il Gruppo V (V che sta per “visione”, da un’idea di Gerardo Filiberto Dasi) si presenta con dichiarazioni programmatiche, i suoi componenti hanno da tempo virato formalmente verso sintassi non figurative e si dirigono diretti verso ricerche di Arte Programmata e Cinetica, operando un rinnovamento sensibile della riflessione estetica.

Insomma le direttive erano volte alla percezione e alla percettività che esce finalmente dal campo delle discipline strettamente scientifiche, mentre si affacciava un processo parallelo che sviluppava le tecniche dell’osservazione, l’analisi metodica delle esperienze e ciò a scapito delle forme e delle pratiche interpretative sino ad allora invalse. Si lavorava in équipe, vigeva la progettazione collettiva, senza però perdere l’individualità di ciascuno, si seguivano i principi cibernetici di Ceccato basati sulla cosiddetta “catena operativa”, una modalità di verifica e indagine dei sistemi percettivi in tutte le fasi del lavoro. L’attività del gruppo continuò anche negli anni successivi, nel 1969 entrarono anche Vittorio D’Augusta ed Eugenio Lombardini.

Parini lavorava su progetti artistici di ricerca: usava piani sovrapposti trasparenti, creava combinazioni spaziali usando le metamorfosi di una linea. Ricordiamo che Parini si è era diplomato all’Accademia di belle arti di Bologna, suo maestro nel 1948 fu Giorgio Morandi, ed eseguì in quel periodo numerose acqueforti.

Un articolo del 1964 su L’Europeo intitolato “Sotto il segno della mente” lo colloca assieme agli altri fautori del Gruppo V tra gli esegeti della percezione che assieme a Silvio Ceccato sperimentano nuove linee guida per l’arte, per comprendere come funziona il cervello di un artista mentre crea o mentre osserva un quadro. Parini amava dire: «Estetizzare le forme convenzionali, ripetute, come quelle che spesso tracciano i bambini è facile, poiché rispondono a criteri di economia mentale, che è fondamento della percezione». Si definiva anche «turista dell’esistenza», forse per superare i dogmatismi e i confini posti dalle idee. In realtà ha continuato a creare connessioni e relazioni – come quando nel 2012 con Giuseppe Martinini e Raffaella Vaccari ha costituito il Gruppo di ricerca operativa logonica continuando la ricerca sui suoi temi prediletti. Illuminando i nuovi compagni di viaggio con la sua intelligenza, magari suggerendo ancora una volta un modo per superare la dicotomia tra mente e corpo, uscendo dai vincoli della realtà e continuando a inseguire i percorsi dello sguardo.

«Un brisighellese che tanto ha dato alla cultura»

Davide Missiroli è l’ex sindaco di Brisighella che lo ha conosciuto e ha collaborato con Pino Parini: «Ricordo con ammirazione il professor Pino Parini. Nato a Brisighella nel 1924, coetaneo di un altro illustre personaggio nato sotto i 3 colli, il cardinale Achille Silvestrini. L’ho conosciuto quando nel 2016 la Memoria Storica di Brisighella gli dedicò la mostra “Fra arte cibernetica e didattica”, un momento di celebrazione nella sua Brisighella, sintesi del grande lavoro che il professore svolse nella sua vita artistica, scientifica, divulgativa. In quell’occasione, un accento particolare venne dedicato alla didattica con una dimensione scientifica rilevante così da dare alle giovani generazioni una ulteriore capacità di lettura e di fruizione dell’opera d’arte. La sera dell’inaugurazione ebbi la fortuna di cenare assieme a lui, ci scambiammo i numeri di telefono e per un po’ di tempo ci scambiammo alcune considerazioni sulla nostra Brisighella. Purtroppo l’ho conosciuto in età già avanzata ma Parini nel dialogo sapeva trasportarti nel suo pensiero sempre creativo e contemporaneo. Ci lascia un altro nativo brisighellese, artista, docente e intellettuale che ha dato un grande contributo alla cultura italiana e alla formazione delle nuove generazioni».

Testo raccolto da Francesco Donati

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