Pesca e agroalimentare: la strategia dell’Alleanza per vincere

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È il faentino Raffaele Drei il nuovo presidente di Confcooperative FedAgriPesca Emilia Romagna, organizzazione che riunisce 385 cooperative agroalimentari e della pesca con oltre 51mila soci, 18.400 addetti e un fatturato che supera i 9,5 miliardi di euro. In Romagna sono 101 le cooperative associate con 13.957 addetti (in maggioranza donne) e 19.168 soci. La quota di fatturato di pertinenza romagnola è di 4.716.110.600 euro.

Drei, il mondo dell’agroalimentare cooperativo si è imbattuto in tre fenomeni epocali, in rapida successione. L’invasione della cimice asiatica, le gelate, con le problematiche date dai cambiamenti climatici, la pandemia e ora la guerra. Quale scenario si è composto, ora?

«In aggiunta a questi fenomeni epocali citati, vanno inserite anche le gelate tardive che per due anni consecutivi hanno devastato le produzioni frutticole e che tra marzo e aprile di quest’anno hanno rischiato di generare altri danni importanti, evitati anche grazie ai sistemi di difesa attivati. Detto questo, la cooperazione agroalimentare è stata virtuosa e ha resistito facendo rete e sistema. Lo scenario resta molto difficile, per questo occorre il sostegno delle Istituzioni e la capacità di intercettare le risorse che sono a disposizione, per creare maggiore valore e distribuire reddito tra gli agricoltori. Serve nuova consapevolezza dell’importanza del settore primario che ha il compito fondamentale di nutrire il Pianeta».

Quali politiche avete messo in campo per reagire a queste problematiche?

«Le strutture cooperative si sono mobilitate per sostenere dal punto di vista finanziario le aziende agricole socie in annate di scarsa produzione. Penso in particolare ai fondi mutualisti attivati da alcune Organizzazioni di Produttori o da alcune cooperative, così come all’impegno a diversificare la propria offerta commerciale e a cercare nuovi mercati. A tutto questo va aggiunta l’attività di rappresentanza per ottenere sostegno dalle Istituzioni sia tramite i bandi della Regione (e penso ad esempio alle risorse stanziate per i sistemi anti-gelo), sia tramite l’interlocuzione con il Governo per lo stanziamento degli indennizzi da calamità, come nel caso della cimice asiatica. Sono tutte iniziative che non hanno certo risolto i problemi, ma che se messe insieme rappresentano un tentativo di risposta a situazioni straordinarie».

In questo ambito, quale ruolo vede per la Romagna?

«La Romagna, con le sue specificità colturali, vanta un ruolo di primo piano nel sistema agroalimentare regionale e nazionale. Ma lo stesso va detto per l’Emilia. La nostra, ci tengo a dirlo, è una regione unica e unita, composta da due macro-aree che hanno grandi potenzialità e valori da portare avanti insieme. La programmazione futura, dalle risorse della Politica Agricola Comune a quelle del Pnrr passando per i bandi del Psr regionale, richiede una strategia unica, una visione da portare avanti per l’intero sistema cooperativo regionale, che va da Piacenza a Rimini. In questo contesto la Romagna può certamente diventare un punto di riferimento in particolare per il comparto ortofrutticolo».

Su quali direttrici poggerà il suo mandato?

«Le grandi emergenze che abbiamo citato non si possono affrontare da soli. Qui è il sistema agroalimentare nel suo insieme che deve muoversi all’unisono: non è certo tempo di divisioni. Pertanto è fondamentale, come ha ricordato in assemblea il mio predecessore Carlo Piccinini, portare avanti il percorso dell’Alleanza Cooperative Agroalimentari. Così come è necessario valorizzare le buone relazioni con tutte le organizzazioni professionali. C’è un intero sistema produttivo da difendere e tutelare, dietro questa emergenza siamo chiamati a schierarci tutti insieme».

Questa fase coincide con una revisione della Pac, quali elementi vedete necessarie nella nuova politica comunitaria?

«Quello che ci preoccupa della nuova Pac è quando, ad esempio, si impone in maniera ideologica alle aziende agricole di ridurre drasticamente l’utilizzo di concimi e fitofarmaci necessari alla produzione, senza che tutto vengano individuate alternative. I livelli produttivi non servono solo alla sostenibilità delle aziende ma anche all’approvvigionamento alimentare della popolazione. L’agricoltura è la prima vittima dei cambiamenti climatici, per questo intendiamo sempre più rispettare l’ecosistema. Per farlo dobbiamo però essere accompagnati con risorse e tempi adeguati, altrimenti la transizione ecologica sarà preludio alla chiusura di molte aziende. La nuova Pac deve necessariamente tenere conto di questi elementi, a partire dal nuovo scenario internazionale che impone all’agricoltura di continuare a fare il suo mestiere, che è quello di sfamare i popoli, nel rispetto dell’ambiente e della salute delle persone».

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