Pesca e Adriatico. Le decisioni per restare il mare più generoso

CESENATICO. Tra i mari italiani l’Adriatico ha da sempre detenuto il primato di mare più generoso in termini di abbondanza di risorse ittiche, a questo s’aggiungano floride condizioni per la molluschicoltura. Il motore che innesca tale condizione lo si deve alle portate fluviali provenienti dal drenaggio dell’intero territorio padano. Gli apporti di fosforo, azoto e altri microelementi favoriscono un’abbondante crescita microalgale (fitoplancton). Da qui l’avvio di quella catena alimentare che dallo zooplancton arriva fino ai grandi predatori, tra quelli apicali si pensi al tonno.

Eutrofia sotto controllo

Senza sottovalutare le crisi indotte dai fenomeni di eutrofizzazione che hanno segnato grossomodo il periodo compreso tra gli anni ’60 e ’80 del secolo passato, da tempo lo stato trofico dell’alto Adriatico è rientrato in una condizione prossima a quella dell’immediato dopoguerra. Questo grazie agli interventi normativi di riduzione dei carichi di fosforo e azoto. Abbiamo ancora saltuari casi di eccessive proliferazioni algali ma meno persistenti e diffuse rispetto a quel passato. Si tenga inoltre presente che condizioni di trofia medio alte sono da considerare “normali” se si considera il contesto Padano-Adriatico. Situazioni simili accomunano gran parte delle aree marine del mondo interessate da consistenti apporti fluviali. Potremmo considerare l’Adriatico come una sorta di bacino “semichiuso”, un ecosistema che da sempre ha visto il consolidarsi di una stretta correlazione tra apporti di origine fluviale con conseguenti riverberi in termini di abbondanza di molluschi e specie ittiche. Una condizione che ha da sempre riguardato sia le acque di transizione (lagune, valli) sia l’ambiente marino.

L’effetto umano

In questo contesto, che lo potremmo definire come una sorta di costante, si sono inserite nel tempo le attività dell’uomo con dinamiche temporali nell’uso del territorio e nello sfruttamento delle risorse connesse alla pesca per nulla statiche ma al contrario in continua evoluzione con pressioni via via crescenti. Motori più potenti, strumentazione elettronica all’avanguardia, reti con elevate capacità di cattura. Cose indubbiamente innovative che, se da un lato si sono rivelate utili nell’alleviare la fatica, garantire reddito e un buon grado di sicurezza sul lavoro, dall’altro hanno generato nel tempo sovrasfruttamento delle risorse ittiche con progressiva riduzione nelle quantità e nelle taglie dimensionali. Un problema che travalica i confini del nostro Paese. Dai dati della FAO e di altri Organismi dediti allo studio e al monitoraggio delle risorse ittiche si evidenzia che l’incremento del pescato a livello planetario di specie selvatiche si è fermato grossomodo agli anni ’80 del secolo passato, poi nessun incremento nonostante un forte aumento nello sforzo di pesca. Il mare e gli oceani da sempre generosi non erano più in grado di soddisfare la domanda. Per rispondere a questa carenza si è provveduto con l’acquacoltura che, con una decisa impennata nelle produzioni, già oggi copre e in molti casi supera il 50% del mercato.

Le misure: anche aree protette

Si sta cercando di correre ai ripari, la risposta al depauperamento delle specie selvatiche c’è stata. Molti dei Paesi interessati hanno attivato misure di contenimento degli sforzi di pesca con l’intento di favorire la loro ripresa. La Comunità Europea elargisce compensi al disarmo dei pescherecci. A seguito di questo intervento la flotta peschereccia nel nostro Paese si è fortemente ridotta. Si stima una diminuzione attorno al 40-50% su scala nazionale. Poi i “fermi di pesca”; di due mesi (dicembre e agosto nell’alto Adriatico) per le imbarcazioni dedite alla cattura del pesce azzurro e mensile (agosto) per le altre. A quei periodi segue tra l’altro una sorta di settimana corta di pesca e limiti nelle quantità di pescato. Si sta inoltre provvedendo all’istituzione di Aree Marine Protette, mentre altri limiti hanno da tempo riguardato le dimensioni delle maglie delle reti e il divieto di pesca entro le tre miglia dalla costa.

La pesca su commissione

Poi misure con un significativo valore cautelativo: molte imbarcazioni che si dedicano alla cattura del “pesce azzurro” pescano su commissione in base agli ordinativi provenienti dall’industria conserviera. Un indubbio valore: pescare quello che serve costituisce un valore aggiuntivo che evita lo sperpero e il sottovalore del pesce sbarcato. Il percorso virtuoso adottato nelle sue diverse forme, anche se un po’ tardivo, va mantenuto, incoraggiato e supportato. Gli esiti si vedranno, occorre comunque considerare che mentre il declino degli stock ittici mostra in genere una certa rapidità, la ripresa al contrario tende ad essere lenta e dagli esiti incerti. Non tutte le specie ittiche rispondono nello stesso modo, vanno considerate le loro caratteristiche biologiche ed ecologiche. * presidente Fondazione Centro Ricerche Marine Cesenatico

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