Rimini, Roberto Magnani: “Così porto a scuola la mia sclerosi multipla, si risale da ogni abisso”

«Io affetto da sclerosi multipla, porto in scena la malattia intesa come rinascita». Applaudiranno in 400 dall’auditorium dell’Istituto professionale Einaudi di Viserba lo spettacolo dell’attore e regista santarcangiolese Roberto Magnani, intitolato “In-felice”, che sta per “felice dentro”, sebbene le persone malate o con disabilità siano spesso bollate come infelici. Il monologo del 47enne si terrà nella mattinata del 15 novembre per le classi terze, quarte e quinte della scuola.

«È un progetto ardito - spiega l’organizzatrice del progetto e docente di lettere, Cinzia Campedelli - un monologo che si concluderà col video di un sommergibile perché negli attacchi più gravi della sua patologia, Magnani deve chiudere le paratie senza poter pensare al lavoro, all’amore o alla vita sociale. Ogni volta affonda nella profondità della crisi per poi risalire e far la conta dei danni, ma pronto ad aggredire a sua volta la malattia spendendosi per gli altri. L’obiettivo dello spettacolo è portare a scuola la disabilità in una chiave ironica, anticonformista e anticonvenzionale, proprio com’è Roberto - conclude la prof - per cui la vita è iniziata dal momento della diagnosi». Vasto il curriculum di Magnani, che si è imposto nel 2019 al cinema con Ivano Marescotti e Maria Grazia Cucinotta in “Tutto liscio”, oltre a ruoli ricoperti in cortometraggi e spettacoli teatrali con la compagnia “La valigia dell’attore”.

Magnani, quale tema affronta lo spettacolo imminente?

«La sclerosi multipla di cui ho scoperto di soffrire una decina di anni fa. La diagnosi ha provocato un terremoto che è durato qualche mese ma, una volta rielaborata la mia vita, ne sono uscito molto più forte di prima e carico di argomenti. È stata la malattia il motore che mi ha spinto a diventare clown di corsia con Vip Rimini odv. Chiamate a raccolta tutte le mie forze, mi sono chiesto se la mia esperienza potesse supportare altre persone. Da qui l’idea di realizzare un piccolo cortometraggio che poi è rimasto nel cassetto. Qualche anno dopo ho ripreso in mano le carte impolverate decidendomi per uno spettacolo teatrale che accendesse i riflettori non solo sulla sclerosi multipla ma soprattutto sulla rinascita. Se mi guardo indietro, capisco che dalla diagnosi è partito il periodo più bello, perché è allora che ho preso in mano la mia vita smettendo di nascondermi procrastinando sempre tutto al fantomatico “momento giusto”. Il progetto che porto in scena è un mix di esperienza personale e non perché un bel giorno mi sono ritrovato dall’altra parte, catapultato nel mondo dei malati e dei “purini” (poveretti, ndr) compatiti da tutti».

La malattia sta progredendo?

«Diciamo così: dieci anni fa riuscivo a celare il mio lieve zoppicare fingendo di aver preso un calcio nella classica partita a pallone. Finché non è stato più possibile nascondere la verità e ho dovuto afferrare il toro per le corna. Scherziamo tutti sul disabile che rimane a cavalcioni con la sedia a rotelle sul passaggio a livello. La classica gag comica su cui scherzavo anch’io e su cui continuo a ironizzare anche ora che sono io ad essere inchiodato su quel binario. Un tono scherzoso, a mio avviso, è la chiave migliore per uno spettacolo agrodolce caratterizzato da un saliscendi di emozioni, dall’incoscienza spensierata degli esordi sino alla doccia gelata della realtà».

Saputo della malattia, qualche amico si è allontanato?

«Le notizie cattive viaggiano sul Frecciarossa mentre le buone vanno a piedi. Ho nascosto a lungo la mia condizione ma quanto è trapelato dai miei pochi confidenti si è presto allargato a macchia d’olio. Non provo rancore per nessuno, comprendo le ragioni di tutti. La cosa più bella è che quando ho preso consapevolezza della malattia, sono arrivati tanti altri amici senza alcun timore per le verità scomode. Sono il primo a dire che è difficile restare vicino a una persona in difficoltà che causa imbarazzo a chi è impreparato al diverso per cultura o sensibilità».

Sul lavoro, qualcuno le ha dato il benservito?

«No, ho trovato solidarietà sia sul palco che nelle aziende dove ho sempre lavorato, in parallelo all’attività artistica, dalla Cmc di Ravenna alla Cbr di Rimini. Agli albori della sclerosi multipla, il sindacato mi aveva consigliato di non rivelare nulla ai datori di lavoro finché non avessero sfoderato tutte le carte ma io ho replicato che sapevo per chi lavoravo e ho chiesto appuntamento al presidente, uno di quelli con la poltrona in pelle umana, per dirla alla Fantozzi. Ho vuotato il sacco, firmando le dimissioni su un foglio bianco. Neanche un secondo e l’ha stracciato in quattro pezzi dicendo che di me aveva un’altra idea ed era deciso a proseguire assieme. Così mi hanno trasferito a una scrivania dopo una vita passata nell’impiantistica e a manovrare pale meccaniche. Ecco perché il mio sarà uno spettacolo motivazionale. In qualunque abisso si sprofondi, si può solo risalire».

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