Lo chef Barbieri: “Segui la stagionalità e ti ammalerai di meno”

Da Youtube ritorna alla carta per un nuovo, personale e pratico ricettario che toglie dubbi su alcune preparazioni classiche, e fondamentali, e ne suggerisce parecchie inedite. Chef Bruno Barbieri è a suo agio sui social come in tv dove è tornato ancora con Masterchef Italia, o sui libri appunto. Si fa così! edito da Rcs-Cairo, da poco in libreria, raccoglie 75 ricette trasferite dall’omonima e seguitissima rubrica che lo chef tiene sul suo canale online, e spazia dalla colazione più classica d’albergo, tra uova alla Benedict e avocado toast, ai piatti tradizionali della cucina regionale italiana alla cucina etnica, dalla ricetta più semplice e veloci come una frittata di cipolle alla Barbieri ai piatti della domenica e della festa come una zuppa imperiale con fonduta di parmigiano e tartufo.

Partiamo dalla prefazione di Orietta Berti.

«Orietta Berti è una donna straordinaria, piena di energia. Una donna di un’emilianità profonda nell’anima. Mi ha stupito molto con i piatti che ha fatto durante Masterchef celebrity. Quando è entrata nel programma, sugli impiattamenti aveva qualche difficoltà, poi piano piano le abbiamo spiegato come fare e ha fatto dei capolavori. Insomma, è una donna con una bella fantasia, poi sapeva tutto di me e sul mio lavoro in cucina. Da lì è iniziata una grande amicizia, così quando le ho chiesto di scrivere la presentazione del mio libro nuovo ci ha messo un attimo. La mattina dopo ce l’avevo già in mail».

“Si fa così!”. Il punto esclamativo è abbastanza perentorio. Ma la cucina è forse una scienza esatta?

«Decisamente no, la gente mi chiedeva come si fa questo, come si fa quell’altro e io ho dato delle spiegazioni. Questi sono i miei pensieri gastronomici, delle idee, poi chi legge ci metterà del suo. Perché la cucina è fantasia, creatività e voglia di raccontarsi. Forse la pasticceria è una scienza esatta fatta di numeri, di regole, di formule. La cucina invece è un pizzico di quello, un pizzico di questo. A volte vengono fuori gran piatti, a volte può venirti anche qualche schifezza. Ma poi sono buoni anche i mapazzoni, l’importante è cucinare con l’anima giusta, credere in quello che si fa, raccontare delle storie vere e avere una mentalità aperta per sperimentare, creare cose nuove. Non restiamo troppo chiusi o legati a un vecchio, il mondo va avanti a mille all’ora».

A proposito, nel libro non c’è, ma lei hai sollevato un polverone social nelle ultime settimane con la ricetta degli spaghetti alle vongole in cui mette burro e pangrattato. Cosa risponde?

«Per me risponde Pellegrino Artusi, lui che ha scritto un pezzo di storia della cucina italiana, e che il burro lo mette proprio negli spaghetti con le vongole. Io dico solo una cosa a tutti quelli che non hanno digerito bene questa storia: andate a leggere Artusi, poi magari anche quello che hanno scritto e fatto i grandi chef e tutti quelli prima di noi, poi dopo aver letto tutte queste belle cose allora magari ne parliamo. Una noce di burro fa la differenza? Provare per credere. Quello che a me dispiace di tutta questa faccenda è la cattiveria, l’aggressività, la violenza con cui la gente oggi si pone. Che senso ha insultare? Io dopo 40 anni che sto in cucina, e di patate e cipolle ne ho pelate e cotte un bel po’, quel che penso dico e quel che dico faccio. I grassi animali si sono sempre usati in cucina, mia nonna ha cucinato per tutta la vita con lo strutto ed è morta a 95 anni. L’importante, quando si lavora, è farlo in un certo modo e soprattutto bisogna rispettare le persone. Quindi chi non ama il burro non lo metta e chi se ne frega».

Quali sono gli errori più frequenti che un non chef compie in cucina?

«L’errore più grande è quello di non conoscere la materia prima e la storia del cibo. Tante volte la gente non sa come reagisce un ingrediente, il sale ad esempio, non serve solo a rendere sapido un piatto ma ti aiuta anche a tirare fuori quelle che sono le acidità o le parti troppo dolci di un prodotto. Insomma, bisogna conoscere la materia, come è fatta, quali sono le sue consistenze da cotta da cruda, le sue reazioni. C’è tanto da fare anche se non sei uno chef e cucini in casa per la tua famiglia».

Dedica anche questo libro a sua nonna Mina. Qual è il suo consiglio che ha sempre portato con sé?

«Sono molto riconoscente a mia nonna che è stata una donna straordinaria e che mi ha fatto amare un mestiere insegnandomi a cucinare in un certo modo. Io sono nato in un paese e in una famiglia dove il cibo aveva un grande senso, noi non andavamo al supermercato, ci facevamo tutto in casa, anche il burro e i formaggi. Il consiglio di mia nonna che ho sempre tenuto a mente è: segui la stagionalità e vedrai che ti ammalerai di meno. Perché dovremmo mangiare i cetrioli in inverno? Si mangiano in estate perché il cetriolo è fatto al 90% di acqua e il nostro corpo ne ha bisogno in quel periodo. Poi avere rispetto delle persone, di chi tutte le mattine ci porta i meravigliosi prodotti che poi noi cuochi cucineremo per chi viene a mangiare nei nostri ristoranti o a casa nostra. Mi sembra che ultimamente il rispetto sia venuto un pochino a mancare, in generale».

Fra le ricette c’è un po’ di Emilia-Romagna, ovviamente, ma solo qua e là. è arrivato il tempo di una nuova tradizione, più internazionale?

«Io sono sempre stato molto legato alla mia terra, però sono legato anche alle tradizioni napoletane o della Sicilia... L’internazionalità mi interessa, mi piace molto girare per il mondo, scoprire nuove storie. Ho sempre cucinato quello che avrei voluto mangiare, non mi interessavano e non mi interessano le mode. Questo libro è un racconto in lungo in largo di quelle che sono le mie sensazioni, le mie emozioni, il mio modo di fare cucina. Poi la gente può apprezzarlo oppure no. Tutto qua».

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