Don Oreste Benzi: il prete degli ultimi che cambiò la Chiesa

I personaggi della Romagna
  • 15 settembre 2024

Più che un sacerdote un prete di strada. Di quelli che antepongono i poveri alla chiesa stessa e che al centro dell’impegno religioso mettono gli ultimi. Più che una fede, una vocazione la sua, quella di aiutare chi soffre e non ha nulla. Talmente forte, questa vocazione, da spingerlo a creare una comunità: la comunità Papa Giovanni XXIII, che, fondata nel 1968, è ora uno dei centri missionari più importanti e che ogni giorno aiuta oltre 41mila persone nel mondo, grazie a più di 500 realtà di condivisione tra case famiglia, mense per i poveri, centri di accoglienza, comunità terapeutiche, Capanne di Betlemme per i senzatetto, famiglie aperte e case di preghiera.

Nato il 7 settembre del 1925 a San Clemente e morto a Rimini il 2 novembre del 2007, per don Oreste Benzi sono in corso le celebrazioni per il centenario della nascita che culmineranno a settembre del prossimo anno. Mentre procede la causa per la sua beatificazione, a cui, da anni, lavora la postulatrice Elisabetta Casadei, docente di filosofia alla Pontificia Università Gregoriana di Roma e all’Istituto di Scienze religiose di Rimini.

La figura

Una vita dedicata ai più sfortunati quella di don Oreste. Che, con la sua comunità Papa Giovanni, ha condotto una vera e propria battaglia contro lo sfruttamento delle prostitute, che lui chiamava “schiave” o “sorelline” e i loro clienti “trafficanti”. Una battaglia che, in occasione del Giubileo del 2000, lo convinse a portare una ragazza nigeriana con sé davanti a papa Wojtyla. Un gesto forte, mai fatto prima da nessuno, che creò scalpore e che lo accostò ancora di più agli ultimi, agli oppressi e agli sfruttati. Al punto che il giorno del suo funerale, il 5 novembre del 2007 a Rimini, come ricorda un servizio di “Avvenire”, quotidiano della Conferenza episcopale italiana, di fronte a una folla gigantesca, di gente comune, di riminesi e non solo, con le facce segnate dalle lacrime, all’uscita della bara si alzò un grande cartello con su scritto “Santo subito”. E chi lo reggeva quel manifesto? Un nutrito gruppo di ex prostitute. Molte delle quali salvate da lui, strappate letteralmente dalla strada e da spietati aguzzini.

«Non dimenticatevi mai dei poveri», era solito dire. A tutti. Giovani e meno giovani. E pochi giorni prima di morire, a Pisa, in occasione delle Settimane sociali dei cattolici, quel suo “grido” lo fece risuonare così forte, quando parlando ad un nutrito gruppo di credenti, come ricorda la postulatrice Casadei, chiese chi fosse il vero nemico del bene comune. E disse: siamo noi cristiani, che non riusciamo più a sentire il grido di chi soffre. E poi domandò: Perché non apriamo loro le nostre case? Perché abbiamo perso la coscienza di essere un unico popolo che ha una missione da compiere nella storia, si rispose.

Ma c’è una testimonianza che, forse più di tutte, conferma la vocazione verso il prossimo di don Oreste Benzi, quella di don Luigi Ciotti, fondatore del Gruppo Abele e anche lui prete di strada: «Ho conosciuto don Oreste alla fine degli anni ‘70, quando capitava spesso che mi recassi a Rimini, invitato dalla Diocesi e da monsignor Giovanni Locatelli, per incontri sul tema delle droghe e delle dipendenze. Un problema che stava assumendo dimensioni sempre più vaste e preoccupanti, e che don Oreste voleva capire, approfondire, per dare una mano alle tante persone, soprattutto giovani, che ne erano vittime. Era un uomo di grande fede, don Oreste conclude don Ciotti - animato da un’autentica e concreta attenzione per i poveri e gli ultimi, tanti dei quali ha accolto nelle case famiglia, luoghi di relazione e di dignità, realizzate in anni d’impegno».

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