Perse le gambe in moto: «C'è un ingegnere che possa aiutarmi?»

«Come pizzaiolo credo di essere davvero in gamba». La butta sull’ironia Federico Bracci, ripresosi e tornato a lavorare dopo aver perso entrambi gli arti inferiori in un incidente. Il giovane, 28 anni, continua a impastare e a sfornare pizze, come ha sempre fatto. Ma l’anno scorso la sua vita è cambiata, quando è rimasto vittima di un tremendo schianto in moto, nel quale ha perso di netto entrambe le gambe.

Il dramma passato

Era il 28 maggio 2020 quando nella strada tra Godo e San Pancrazio un’auto lo scaraventa a terra. In seguito all’impatto viene catapultato contro il guard-rail: lui si ritrova in mezzo a un campo, senza più le gambe, ma l’adrenalina gli dà la forza per prendere con l’unico braccio che può muovere il telefono dalla tasca e chiamare il 118.

Il presente

Da lì la corsa disperata in ospedale per compensare quei litri di sangue persi; il coma, gli interventi, la riabilitazione. Insomma, tanta voglia di vivere, per tornare a ciò che è la sua vera vita: la pizzeria. Già, perché adesso ha la sua pizzeria, “Il Borghetto” a Villanova di Bagnacavallo, ed è tornato a fare ciò che gli è sempre piaciuto fin dall’adolescenza. «Dovevamo inventarci qualcosa, che non fosse il nuovo gusto di una pizza – racconta con sarcasmo Federico –. Per fare questo lavoro non si può impastare e sfornare senza l’ausilio delle gambe, ma non si può nemmeno stare impalati. Grazie all’ingegno del mio socio, il lughese Alessandro Gentilini, abbiamo realizzato questo sgabello scorrevole che mi permette di lavorare. Per me significa anche vivere. Abbiamo fissato delle guide scorrevoli che fungono da binari per lo scorrimento dello sgabello in cui siedo».

Il futuro

La sua reazione all’incidente e all’amputazione, peraltro, è davvero disarmante: grinta, ambizione e tanta ironia che trasmette a chiunque abbia davanti. «Non mi piace piangermi addosso e sentirmi un peso – prosegue –. Per ora sono andato avanti, come si usa dire “con le mie gambe” (sorride, ndr) e ne vado fiero. All’inizio è stato faticoso, ma grazie alla mia compagna, alla famiglia e agli amici ce l’ho fatta. In moto non ci andrò più, ma tra poco tornerò a guidare un’auto, che non sia quella della playstation». Va fiero della sua vita e dei sacrifici che fa, ma è giovane e come tutti ha dei sogni. «Purtroppo con le protesi artificiali non riesco a muovermi e posso farlo solo con la carrozzina – racconta –. Sto aspettando la fine della sperimentazione delle bioniche, che si collegano direttamente ai nervi, anche se so che costeranno l’impossibile». In realtà il suo sogno, più concreto, è un altro e accontentarlo potrebbe essere molto più semplice del previsto. «Lo ammetto, c’è una cosa che vorrei tanto, sempre che sia realizzabile – confessa un po' imbarazzato, ma speranzoso –. Questo sgabello che ci siamo inventati mi permette di lavorare però per muovermi devo fare pressione sulle braccia; a fine serata sono veramente stremato, ma per ora questo è ciò che posso fare. Mi piacerebbe che un giorno entrasse un ingegnere, magari giovane come me, e mi dicesse che è possibile automatizzare questo sgabello facendolo scorrere sui binari in altro modo. Magari con una fotocellula e una batteria. Se sapessi come fare – ironizza – farei l’ingegnere e invece faccio le pizze. Però sarei disposto a offrirne tante a chi ci riuscisse».

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