Perchè Ravenna è candidata ideale per ospitare il rigassificatore

Ravenna come sede di un rigassificatore, posizionato al largo. Una delle due collocazioni per una nave rigassificatrice potrebbe essere in Romagna e nei giorni scorsi erano stati prima il presidente dell’Adsp, Daniele Rossi, e poi il sindaco di Ravenna e presidente della Provincia, Michele De Pascale, a candidare le acque al largo del porto di riferimento della regione come ideali per ospitare una delle imbarcazioni che fungerebbero da hub per il gas naturale liquefatto perché “qui abbiamo già presenti le infrastrutture”, oltre al know how per gestione e manutenzione e la presenza in prossimità di grandi utilizzatori. Questi i presupposti che renderebbero la collocazione davanti alle coste della città bizantina più convenienti rispetto a “qualsiasi altra in Italia”, secondo le istituzioni locali. Di quali infrastrutture parliamo? A spiegarlo è Franco Nanni, presidente del Roca, ossia l’associazione che raggruppa tutti gli operatori del ramo oil&gas presenti nel distretto ravennate. Nanni spiega come «posizionando il rigassificatore vicino ad una struttura che ha la sea-line verso mare. E che a sua volta possa disporre di una pipe-line di collegamento verso l’entroterra. Questa nel Ravennate esiste, ed è per esempio la centrale Eni di Casalborsetti».

Il vertice del Roca spiega come «poi facilmente dalla centrale Eni esistano tutti i collegamenti verso la rete Snam per rendere il gas disponibile, prima di tutto, ai grandi consumatori presenti nella zona portuale». Il gnl giunge, ovviamente, in stato liquido all’interno delle gasiere che poi lo depositerebbero, ancora in questa modalità, all’interno dell’imbarcazione che verrebbe mantenuta in maniera permanente al largo. Questa sarebbe quindi dotata di impianto di rigassificazione che “convertirebbe” così in stato gassoso la materia. E nel Ravennate sono pertanto presenti le condotte, con cui veicolare il gas fino alla centrale: «Non si parla di sea-line di grandi portata – mette in chiaro il presidente dell’associazione ravennate dei contrattisti dell’offshore -. Parliamo di tubi entro i sedici pollici. Ci sarebbero però bassi costi da sostenere per avviare questa attività, così come le tempistiche sarebbero estremamente contenute».

Nanni poi ricorda che nelle acque del mare ravennate c’è un’alternativa alla nave gasiera, anch’essa attuabile con facilità: «Si potrebbe posizionare il rigassificatore su una piattaforma di estrazione del metano dismessa. Si tratta di una proposta che facemmo al governo non più tardi di quattro anni fa, nel momento in cui si parlava del recupero di questi impianti. L’idea – ricostruisce Nanni - l’aveva avuta la Comar, gruppo Tozzi, che nel frattempo è fallita. Facemmo nostra l’intuizione della nostra associata e la presentammo a Roma ma, manco a dirlo, non fu portata avanti».

L’arrivo di un rigassificatore nel Ravennate costituirebbe comunque una buona opportunità di lavoro per le imprese del territorio: «Almeno tre lavorano per esempio in quello di Porto Tolle – conclude il numero uno del Roca -, tra queste la Cosmi e la Bambini. Auguriamoci pertanto che questa possa giungere perché oltre ad essere una modalità per attenuare la nostra dipendenza dal gas russo è una possibilità per le nostre aziende». Da parte del Ministero della Transizione ecologica, intanto, si fa più chiara la strategia con cui giungere, in un paio di anni, a garantirsi una decina di miliardi di metri cubi di gas naturale liquefatto in arrivo dagli States, dove viene estratto con la modalità tutt’altro che green del fracking. Le location che vengono considerate più accreditate dal Sole24ore sarebbero Piombino e l’alto Adriatico, non meglio identificato. Ravenna quindi si gioca le proprie carte.

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