"Pensare il confine" di Alessandro Giovanardi

Pensare il confine. Vladimiro Zabughin tra Oriente e Occidente è il titolo del volume che le Edizioni di Storia e Letteratura hanno recentemente pubblicato, nella collana “Letture di pensiero e d’arte”, a firma di Alessandro Giovanardi. Lo studioso riminese, storico e critico d’arte, docente di Arte sacra e di Iconografia e iconologia all’Istituto di Scienze religiose di Rimini, presenta in questo libro un affascinante pensatore russo che ha vissuto lungamente in Italia ma che è conosciuto solo da una ristretta cerchia di specialisti.

Giovanardi, come nasce questo libro?

«Il libro nasce dal mio dottorato di ricerca svolto diversi anni fa all’Università di Siena. Era rimasto chiuso nel cassetto per troppo tempo e vi ho lavorato nella clausura epidemica dell’anno scorso. Nel 2003 Enzo Pruccoli, che allora curava le attività culturali della Fondazione Cassa di Risparmio di Rimini, mi chiese, visto il mio interesse per il pensiero cristiano orientale, se per caso conoscessi Vladimiro Zabughin, un autore di cui si era occupato Augusto Campana, storico, filologo, conoscitore d’arte, musicologo. Lo studioso santarcangiolese lo considerava un suo predecessore sulla cattedra romana in Letteratura latina umanistica alla Sapienza. Tra le molte cose che Campana aveva scritto sul pensatore russo c’era una conferenza inedita che ritrovai nelle carte e che ora pubblico in appendice al mio libro, un messaggio nella bottiglia scritto quarant’anni fa. Enzo mi fece dono di molte rare edizioni di Zabughin e mi aiutò nella trascrizione del manoscritto, proprio poco tempo prima di morire».

Zabughin conosceva Rimini?

«Leggendo i suoi articoli, Zabughin dà l’idea di conoscere bene la nostra città. Da profeta inascoltato chiede, nel 1921, che il ministero della Guerra restituisca alla città Castel Sismondo perché se ne faccia un Museo di memorie dantesche e rinascimentali. Nella sua opera postuma del 1924 difende l’autenticità cristiana del Tempio Malatestiano, rintracciando nella sua architettura i pensieri di Leon Battista Alberti, le esuberanze filosofiche di Giorgio Gemisto Pletone armonizzate alla teologia cristiana, e ne riscopre la parentela che lo lega alle cattedrali romaniche e gotiche, al sentire degli imperatori bizantini e delle loro liturgie politico-religiose».

Perché leggere oggi Zabughin?

«Perché nella temperie di geni del Novecento russo, è quello che ha assimilato più profondamente la cultura italiana, tanto da essere inviato dal nostro governo in patria durante la Rivoluzione di Ottobre. Zabughin dimora nelle zone di confine, nelle cesure e nelle suture tra la cultura religiosa, filosofica, artistica e letteraria europea d’Oriente e d’Occidente. Perché è audace, scorretto rispetto alle pretese di asettica scientificità dell’accademia, e perché pensa il mondo come un insieme: la sua erudizione è sempre generosa e sorridente, è una gaia scienza. Perché, infine, ha amato le altezze dei monti e gli abissi del sapere».

Alessandro Giovanardi, “Pensare il confine. Vladimiro Zabughin tra Oriente e Occidente”, Edizioni di Storia e Letteratura, Roma, 2021, pp. 276, euro 24

Giovanardi, chi è Vladimiro Zabughin?

«Zabughin, che nasce in provincia di San Pietroburgo nel 1880, è quasi un personaggio da romanzo. Giunge in Italia nel 1903 e si trasferisce a Roma, assimila la nostra lingua fino a farla propria e a scrivere tutte o quasi le sue opere in italiano. Ortodosso d’origine, diviene cattolico ma mantiene il rito bizantino e il suo culto sublime e profondo, coltivato nell’abazia greco-romana di Grottaferrata. Qui lavora per l’unità delle Chiese, difendendo però il diritto degli orientali alle loro radici linguistiche e liturgiche».

«Zabughin – continua Giovavardi – ha una passione smodata per le arrampicate in montagna che gli sarà fatale: nel 1923 muore a soli 43 anni per le conseguenze di una brutta caduta in un crepaccio vicino a Bolzano. In così poco tempo ha scritto opere monumentali e altre frammentarie su Leto, Virgilio, l’oltretomba dantesco, il Rinascimento. Dialoga con l’avanguardia musicale del Novecento: Stravinskij, Busoni, Respighi, Skrjabin, e fonda i gruppi universitari musicali. È affascinato dai Balletti Russi e dall’étoile Tamara Karsavina, ma intanto ricerca i corali manoscritti musicali bizantini nel meridione d’Italia. Scrive dei grandi narratori e filosofi russi, in alcuni casi decenni prima che diventino casi letterari: Dostoevskij, Solov’ev, Florenskij, Bulgakov, Karsavin. Le sue idee audaci su Dante non furono accettate dalla nostra filologia che lo dimenticherà presto. Al contrario ha elaborato letture simboliche e iconografiche inedite e d’avanguardia. Guarda a Giotto attraverso le miniature e le icone orientali e parla di un linguaggio ibrido gotico-bizantino adriatico, vivo, nel Trecento, tra le due sponde del nostro mare». M.A.

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