Pennabilli e il caso "camicia nera". Il sindaco a Bonaccini: "Non mi dimetto, anzi"

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«Io dimettermi? Aspettatevi la terza candidatura. Sono i pennesi ad avermi scelto». Botta e risposta tra Bonaccini e il sindaco di Pennabilli. Nell’epoca delle discussioni 2.0. gli stracci volano su Facebook. L’ultima frontiera del litigio vede protagonisti da un lato il presidente della Regione Stefano Bonaccini e dall’altro il sindaco di Pennabilli Mauro Giannini. Dopo il post di quest’ultimo che a fine settembre aveva scritto «Sono nato con la camicia nera e morirò con la camicia nera», segnalando il raggiunto pensionamento dai paracadutisti e «lo spirito dannunziano che lo anima sin da bambino», le polemiche erano divampate ovunque. A unirsi al coro anche Bonaccini che il 4 ottobre scorso aveva scritto sulla sua pagina Facebook: «Caro sindaco di Pennabilli, il tuo proclamarti fascista è incompatibile con la Costituzione antifascista su cui hai solennemente giurato e con la fascia tricolore che porti. Chiarisciti con te stesso e poi scusati o dimettiti». Ora la replica: una missiva lanciata nel mare magnum del web dove Giannini scrive: «Caro presidente della Regione, mi permetto educatamente di richiamare l’articolo 1 della Costituzione italiana che cita: “L'Italia è una Repubblica democratica fondata sul lavoro. La sovranità appartiene al popolo che la esercita nelle forme e nei limiti della Costituzione”».

«Consenso da rispettare»

Prima la stoccata: «Il popolo del Comune pennese si è espresso con largo consenso di votanti (oltre il 67%) per la mia elezione a sindaco per il 2° mandato, perché trattandosi di una piccola realtà tutti mi conoscono, anche quelli che storicamente hanno militato in partiti che ora siedono nei banchi del Consiglio fra le minoranze». Poi va al punto: «Questo consenso espresso per la seconda volta dovrebbe essere rispettato da chiunque, evitando espressioni inadeguate per gettare discredito sulla mia persona e sul sindaco».

Piazzale Loreto

A chiusura giudica di dubbio gusto l’accenno di Bonaccini ai fatti di piazzale Loreto (dove vennero esposti i corpi di Benito Mussolini e dell’amante Claretta Petacci) «con l’espressione: “A piazzale Loreto c’è ancora posto”, con le testine in giù». In linea la chiusura: «Permanendo l’attuale consistenza del consenso, c’è da attendersi ragionevolmente la mia terza candidatura fra 4 anni per confermare la piena dedizione alla carica che rivesto per il bene di tutti i cittadini «senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali».

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