Paura Coronavirus, stazione di Faenza deserta: «Viaggiare è un incubo»

FAENZA. Mentre restano chiuse scuole, cinema, teatri e musei sono attivi a pieno regime i trasporti: certo che se venissero bloccati anche questi, sarebbe una paralisi di sistema pressoché totale, con grandi ripercussioni sull’economia e severe limitazioni sociali. Treni, bus, taxi viaggiano a pieno regime, anche se paradossalmente sono proprio questi i luoghi in cui si registrano grandi flussi di persone: gente che va, gente che viene da ogni dove, in ogni direzione, più che in una sagra o in un cinema. La gente lo recepisce, ma per i pendolari è difficile trovare alternativa. Mancano gli studenti che sono a casa.
«Non c’è più il piacere di viaggiare»
«Gli scenari nelle stazioni sono mutati - afferma un signore di Faenza che tutti i giorni usa il treno per recarsi al lavoro a Bologna -. I passeggeri sono diminuiti». Poi sdrammatizza: «Almeno non c‘è problema per trovare un posto a sedere. Si cerca di stare distanziati, ma poi arriva il momento di scendere o salire e ci possono essere contatti con persone che non conosci. Se qualcuno starnutisce o ha colpi di tosse sale l’ansia. Molti indossano mascherine. E poi ci sediamo su sedili dove sono state altre persone, gli abiti toccano dappertutto, con le mani apriamo porte, pigiamo pulsanti. I treni moderni sono pressurizzati, i finestrini restano chiusi e tutti respirano la stessa aria. Io giro con l’amuchina come tanti altri e mi disinfetto le mani in continuazione. C’è chi usa l’alcol. È un incubo toccarsi il naso o la bocca. Sarà sufficiente stare attenti?».Le ferrovie hanno predisposto misure straordinarie come la “bonifica” giornaliera dei vagoni, hanno diramato norme di prevenzione, che sono poi quelle diffuse come un mantra dai media: lavarsi spesso le mani, starnutire nel gomito… «Si capisce che c’è preoccupazione, angoscia - continua il pendolare - perché se in mezzo a tanta gente c’è un contagiato, che può essere anche asintomatico, è difficile avere la certezza di non essere contaminati. Perciò gli sguardi sono attenti, circospetti, ci si parla a distanza, non esiste più il piacere di viaggiare, anzi è un incubo giornaliero».
La pendolare da Rimini
Nelle stazioni si fa fatica a parlare. E c’è chi esorcizza il fenomeno : «Sono in salute - dice un giovane in partenza -. Se anche me lo prendo, il virus Corona, probabilmente sarà come un’influenza normale, ne ho avute tante: è positivo che non sia poi così letale».Una signora appena arrivata da Rimini riferisce che: «Perfino il personale delle Ferrovie, limita i contatti con il pubblico, e fa bene, pare che abbiano avuto questa disposizione. Loro sono in prima linea, esattamente come infermieri e ospedalieri, scendono da un treno, salgono su un altro girano in tutte le stazioni, ma nessuno ne parla: c’è un grande spirito di servizio, ma nei volti si leggono i rischi che corrono, senza tuta sterile, senza mascherine».