Paura Coronavirus, discoteche chiuse in Emilia Romagna: «Rischio feste abusive»

Rimini

RIMINI. La chiusura delle discoteche dell’Emilia Romagna fino all’1 marzo, disposta dal provvedimento della Regione, rischia di non cancellare la voglia di far festa dei ragazzi.
«Come Silb regionale dell’Emilia-Romagna, in questa occasione più che mai, abbiamo alzato il livello di guardia su tutto quel sottobosco di feste abusive che, con la chiusura imposta alle discoteche e ai locali regolari, potrebbero indurre i giovani a frequentare luoghi non idonei e sicuri per i festeggiamenti del Carnevale e le serate danzanti» avverte il presidente, Gianni Indino.

«Questa “serrata” dei locali da ballo nella nostra regione rischia tra l’altro di riattivare il “nomadismo notturno” verso regioni confinanti, dove le stesse restrizioni non sussistono» aggiunge. Per questo il Silb chiede «molta attenzione da parte degli organi preposti ai controlli verso quei circoli privati e ricreativi che, secondo l’ordinanza, possono stare aperti solamente per le attività ordinarie, ma anche nei confronti di bar, ristoranti ed ogni altro tipo di struttura che si stia attrezzando per organizzare feste in maschera e serate di ballo».

Per il resto, i locali si adeguano alle restrizioni imposte dal provvedimento regionale. «Da Piacenza a Rimini, tutti i presidenti provinciali del Silb e i gestori di discoteche e di locali da ballo associati, si attengono alla chiusura imposta fino a tutta domenica 1 marzo, perché ovviamente la salute dei cittadini viene prima di tutto».
«Di certo però – aggiunge Indino – non mancano le domande dopo un provvedimento così stringente per le imprese del nostro settore: a cominciare da quelle sul futuro e su quali obiettivi dovremo raggiungere affinché si possa pensare a una riapertura dei locali da ballo» precisa il presidente.
«Ribadisco ancora una volta la nostra completa accettazione del provvedimento, delle indicazioni e degli obblighi, ma non capisco quale ratio sia stata utilizzata decidendo di far chiudere alcune attività e lasciarne aperte altre dove l’assembramento di persone è quantomeno lo stesso» conclude il numero uno del sindacato.

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