C’era un Raul Gardini sconosciuto ma più autentico. Meno duro e più sensibile. Meno severo e più amichevole. Paul Cayard, lo skipper che portò il Moro di Venezia a tantissimi successi internazionali, ricorda l’uomo che scommise su di lui nonostante fosse giovane.
Paul, perché Gardini scelse te, a soli 29 anni, per guidare il Moro in America’s Cup?
«Raul avrebbe potuto prendere skipper più affermati come Dennis Conner, ma gli piaceva formare i gruppi e dare opportunità ai giovani. Con lui avevamo fatto quattro anni sui maxi vincendo il campionato del mondo. Credo che in noi abbia visto il gruppo che voleva. Gli dava molta soddisfazione creare qualcosa anziché comprarla».
Con lui non hai solo condiviso le gare ma anche momenti più intimi, quali sono i momenti più belli che ricordi?
«Sì, a parte ovviamente i momenti agonistici vincenti, ci sono state tante occasioni di conoscersi a fondo. Ci capitava di andare a Venezia o a Ravenna oppure ad Antibes, dove teneva una barca e dove andavamo a navigare con Angelo Vianello. Ricordo che una volta doveva incontrare Luca Cordero di Montezemolo per questioni aziendali e mi portò con sé. Avevamo un rapporto di collaborazione ma anche di amicizia».
Cosa apprezzava in te?
«Beh, penso che apprezzasse in me il fatto che prendevo le responsabilità. Lui mi caricava e io lo accettavo. Cercava questo tipo di persone: giovani e disposte ad assumersi responsabilità. Me lo ricordo un giorno. Era dietro la scrivania e stavamo parlando di un problema che avevamo con la barca. Fumava la sigaretta ed aveva il tipico look dell’uomo potente, capace di tutto. “Paolino”, mi dice, “tu hai un grosso vantaggio”. Io mi chiedo cosa intendesse dire e lui mi fa: “Hai la giovinezza!”. Adesso che ho 64 anni capisco cosa volesse dire. La giovinezza è qualcosa che nessuno può comprare».
Nel frequentarlo così spesso, che idea ti sei fatto dell’uomo Gardini?
«In azienda aveva un’immagine di uomo molto duro, severo, deciso. Dava l’immagine che serviva per guidare una grossa azienda. La vela per lui era invece un ambiente in cui poteva rilassarsi e metteva in mostra delle qualità come l’essere amichevole e generoso che non sarebbero andate bene nel mondo degli affari e della politica. Lui si era costruito un’immagine perché così serviva all’azienda ma lui non era fatto così. Penso invece che forse altri sono nati con queste caratteristiche. Mi vengono in mente per esempio Berlusconi, anche se non l’ho mai conosciuto…o un Trump o un Putin. Il Raul che ho conosciuto era umano, sensibile e offriva amore e calore. Lo ricordo andare a prua del Moro e parlare con il prodiere di spinnaker o tangone come fosse uno qualsiasi dell’equipaggio».
Quali erano le sue principali qualità?
«Fiducioso, onesto e generoso».
E i difetti?
«Troppo fiducioso…Ogni tanto gli mancava la pazienza…ma per me è davvero difficile vedere in lui dei difetti. Era un grande delegatore. A me dava la barca. A Frers (l’architetto che ha firmato il Moro, ndr) il disegno. Chiedeva tante cose ma non ha mai interferito col nostro lavoro. Anche quando si perdeva non mi dava mai la sensazione che volesse cambiarmi. Dare fiducia agli altri va bene ma solo quando hai a che fare con persone perbene. Se lo fai con persone cattive tutto ciò può essere pericoloso. Io non ero a conoscenza dei suoi affari ma nel suo ultimo periodo di vita ho avuto questa impressione».
Perché a distanza di tanti anni si continua a parlare di Raul Gardini?
«Era un uomo di grande carisma, un bell’uomo e viveva a modo suo. Non era conformista e alla gente piace chi può dire di fare a modo suo, anche perché poi era un vincente. In più io poi penso che l’Italia ha uno strano rapporto col mare: è circondata dall’acqua ma non sono tanti che capiscono di vela eppure il rapporto col mare è molto forte e Raul era un uomo di mare. In più ci sono tante domande sulla sua morte a cui non sappiamo dare risposta. Questo crea il mistero e il mistero è affascinante».
Se volessimo trovare una lezione che la storia di Gardini ci può dare?
«Quel che possiamo imparare da lui? Aveva tanta ragione quando dava fiducia ai giovani e li coinvolgeva in incarichi di responsabilità. È troppo comodo restare con gente che conosci da 20 anni ma sia nello sport sia negli affari avere qualcuno che ha intensità, voglia di emergere, voglia di successo è importante. E queste sono cose che hanno i giovani. Quando formi dei gruppi ci vuole il giusto mix di esperienza e aggressività. Raul si era molto impegnato in questo».