Pasini. La mancanza di un piano pandemico

Editoriali

La mancanza di un piano pandemico è stata alla base dell’impreparazione, del disorientamento, della confusione con cui l’Italia ha risposto all’epidemia da Covid-19 nel febbraio 2020 e rimane una delle principali cause dell’elevata mortalità che il nostro Paese ha registrato. Ma perché l’Italia avrebbe dovuto avere un piano pandemico? Perché l’OMS nei primi anni del 2000 aveva richiamato gli Stati sulla necessità di organizzare un piano di preparazione e risposta ad una pandemia influenzale che secondo l’OMS sarebbe sicuramente avvenuta.

Pandemia influenzale è completamente altra cosa rispetto ad influenza stagionale, differenza- a quanto pare- non conosciuta dal nostro ministro Roberto Speranza, stando almeno alle risposte date a Bruno Vespa nella sua intervista a Porta a Porta. Le pandemie influenzali, la più grave delle quali è stata senza dubbio la Spagnola del 1918-19, sono dovute a virus influenzali del tutto nuovi rispetto ai ceppi circolanti dell’influenza stagionale, i quali mutano ogni anno, ma di poco (antigenic drift), ma che richiedono comunque la preparazione ogni anno di nuovi vaccini per prevenirne l’infezione. Ogni tanto si selezionano in natura virus influenzali dovuti al riassortimento, al rimescolamento tra virus animali (aviari o suini) e virus influenzali umani che fanno emergere virus influenzali, con caratteristiche antigeniche del tutto nuove (antigenic shift), contro i quali non esiste alcuna immunità nella popolazione e capaci dunque di provocare un’elevata morbilità e mortalità.
Predisporre un piano pandemico significa attrezzarsi per un evento catastrofico, per una malattia contagiosa nuova capace di fare milioni di malati e migliaia di vittime. L’OMS temette per un certo periodo che l’influenza aviaria da H5N1che fece centinaia di vittime in Cina, Indonesia, in altri paesi asiatici e anche in Egitto e che aveva un elevato tasso di mortalità (intorno al 70%) potesse divenire pandemica, ma fortunatamente quel terribile virus non acquisì la capacità di trasmettersi da uomo ad uomo ed i casi mortali si dovettero solo allo stretto contatto tra uomo e pollame. L’epidemia di SARS nel 2004-2005, dovuta ad un coronavirus, fu un altro forte stimolo per richiamare gli stati a predisporre un piano di preparazione e risposta ad eventi pandemici.
Predisporre un piano pandemico significa fare scorte di dispositivi di protezione individuale, di letti aggiuntivi nelle terapie intensive, significa formare il personale sanitario nel campo dell’infettivologia e della sanità internazionale. Significa sapere chi fa cosa e come si devono distribuire i compiti tra le istituzioni per fronteggiare la pandemia. Se, come sembra, nessun piano pandemico è stato preparato dall’Italia e se l’ultimo risale al 2006, probabilmente a risponderne dovrebbero essere non solo i direttori generali alla prevenzione del Ministero della sanità, ma i ministri della salute che si sono succeduti dal 2006 ad oggi.
*Direttore Centro di Travel Medicine and Global Health
Già direttore del Centro OMS per la Travel Medicine

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