Pietro Migani, il super tifoso del Rimini: "Da 67 anni la mia vita allo stadio"

Dalla metà degli anni ’50 il Romeo Neri è la sua seconda casa. Che il Rimini giochi la domenica, il sabato o in infrasettimanale, Pietro Migani risponde sempre presente. Sono cambiati i settori da cui vedere la partita, è cambiato lo stadio ed è cambiato il mondo, ma il resto è immutabile: la passione, il tifo, la sciarpa del club al collo, l’amore per la maglia a scacchi biancorossi quasi tatuata sulla pelle. Per questo, l’assessore comunale allo Sport Moreno Maresi, giovedì lo ha ricevuto in municipio per congratularsi di persona per il suo eccezionale sostegno al football riminese, insieme al responsabile dei rapporti di amministrazione del Rimini Calcio Simone Campolattano. Una bella chiacchierata tra amarcord e aneddoti alla presenza dei figli Nadia e Simone, conclusasi con una inaspettata sorpresa: una maglia a scacchi personalizzata con il nome e il numero dei suoi anni (83) consegnata dal direttore generale del Rimini Franco Peroni come gesto di gratitudine per il suo immancabile supporto dato alla squadra in tutti questi anni. Ben 67 dalla prima volta. «La tifoseria costituisce un architrave fondamentale per il mondo sportivo agonistico e uno stimolo straordinario per i nostri atleti. Penso sia giusto dare spazio ai numerosi cittadini che, attraverso la loro passione, contribuiscono a scrivere la storia dello sport riminese. E’ stato bello conoscere Migani e riscoprire, ancora una volta, la sensibilità del Rimini Calcio, una società sportiva collaborativa e capace di riconoscere il valore aggiunto di chi la sostiene», commenta l’assessore Maresi, prima che il super tifoso, ex dipendente delle Poste in pensione, apra e sfogli l’album dei ricordi a tinte biancorosse.

Migani, lei è una sorte di enciclopedia vivente del Rimini, ricorda il suo debutto al Neri?

«L’enciclopedia ce l’ho nella libreria di casa, con interi scaffali a custodire l’intera collezione della rivista “Il Biancorosso”, il magazine ufficiale della Rimini Calcio, dal 1973 a oggi. La mia prima partita non la ricordo con precisione, ma ho iniziato a lavorare e ad andare allo stadio nel 1955 e dal 1960 a farlo sempre, Da quel momento a oggi le partite in casa che non ho visto dal vivo si contano sulle dita di una mano, giusto se avevo la febbre. Di trasferte ne ho fatte invece diverso, ma da un poi di tempo ho detto stop: a luglio avrò 84 anni… Ne ho ancora davanti agli occhi tante, su tutte quelle a Verona e la vittoria a Bologna con gol di Nicolini di schiena: ero nell’ultimo anello e i giocatori sembravano tutte formiche. Quella è passione davvero».

Cosa ricorda di quelle prime volte?

«Andavo dalla parte dei Distinti, ma non c’era la tribuna come oggi. C’era un mucchietto di terra e facevamo le corse per arrivare presto e riuscire a salire nel punto più in su possibile: per fortuna io sono abbastanza alto e se ero anche un po’ più dietro riuscivo a vedere bene lo stesso».

Scelga un momento simbolo di tutto questo tempo, la sua gioia più grande

«Di sicuro l’arrivo di Vincenzo Bellavista e la partita con la Juventus in un Romeo Neri incredibile. Ero sugli spalti con il mio abbonamento, dal 1973 l’ho sempre fatto fino al 2020: con il Covid quell’anno non siamo in pratica ma entrati allo stadio e nelle ultime due stagioni non l’ho rinnovato e faccio il biglietto. Quello per la sfida con il Mezzolara di domani l’ho preso martedì».

Quale è il suo settore?

«Per tanto tempo sono andato in curva, adesso con l’età si inizia ad avere freddo e vado in tribuna centrale».

E la delusione più grande?

«Le retrocessioni, ma si cerca di dimenticarle alla svelta. Io poi sono un tipo abbastanza tranquillo, prendo le cose come vengono perché nella vita ce ne sono di più importanti».

I calciatori che le sono rimasti nel cuore?

«Valerio Spadoni, Matteo Brighi, Fagni, Zannoni che prendeva il pallone a centrocampo e andava in porta, Ricchiuti che metteva il pallone sulla testa di tutti i compagni e faceva fare un sacco di gol agli attaccanti che gli giocavano di fianco. Ci siamo divertiti».

Allo stadio sicuro, a casa? La moglie quanto brontola e ha brontolato tutte le domeniche

« Ac ragnèdi! Ogni tanto me lo rinfaccia, anche perché la domenica mattina prima andavo in bicicletta, poi andavo a pescare e giocavo anche nella rappresentativa delle Poste. Ma la passione è la passione e quando aveva 10-12 anni ho iniziato a portare con me anche mio figlio Simone».

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