Pari. Le menti servono se sono aperte

Editoriali

“Le menti sono come il paracadute, servono se sono aperte”. Questa lungimirante metafora è attribuibile ad Einstein. Esprime molto del nostro tempo. Di sovente, le nostre menti non sono aperte, parliamo, senza conoscere. Non è un reato, è solo mancanza di pudore, o peggio, inconsapevole ignoranza. Con l’aiuto dei canali telematici, ognuno di noi è divenuto un esperto, ognuno può scrivere ed “offrire” pareri ed opinioni su ogni argomento. Accadeva anche in passato, ma il fenomeno era circoscritto ad alcuni luoghi deputati, ove l’alcol, spesso, aiutava “l’analisi e la riflessione”, gli interlocutori, in linea con i profeti. È un fenomeno scientifico, si potrebbe riassumere nell’effetto “Dunning Kruger”, due ricercatori universitari che hanno studiato il problema, sintetizzabile con questo concetto: “più si è incompetenti, più si è convinti di non esserlo”.
Nella fattispecie, quasi tutti parlano di economia, anche se nella vita hanno svolto lavori totalmente avulsi, anche se la loro cultura non è certo compatibile con le analisi in materia. Prima della pandemia, che ha obiettivamente creato un pandemonio, parecchi “esperti” affermavano la contrarietà dell’Europa alle nostre esigenze, auspicavano l’uscita dall’euro, la stampa di moneta, la sovranità economica. Enfatizzavano la forza economica italiana, certi cha la nostra Nazione potesse avere un ruolo primario nel Mondo. È arrivato il virus, invisibile, subdolo, inattaccabile, ha straziato le vite di tanti, ha messo a nudo le verità scomode, come la drastica riduzione delle spese sanitarie, l’assurdo blocco delle entrate nelle facoltà di medicina. Soprattutto, ha messo in luce i problemi economici e la fragilità del sistema. Ha scoperto un Paese con un debito difficilmente sostenibile, ed una demografica preoccupante. Carenze endemiche, supportate da una burocrazia ottusa e disarmante. Sicuramente complesso, gestire la pandemia in questa drammatica situazione. Fortunatamente, in un silenzio quasi assordante, la Banca Centrale Europea ha iniziato ad acquistare quote molto elevate di titoli del nostro debito, traguardando livelli mai raggiunti, permettendoci in tal modo il controllo ed il contenimento dello “spread”, che nel decennio passato, in situazioni a mio avviso molto meno gravi, aveva traguardato i 500 punti. Allora, quasi tutti sentenziavano che eravamo al collasso. Abbiamo tamponato con un Governo tecnico, che ha colpito duro, soprattutto e discutibilmente, il sistema pensionistico. Il rapporto debito PIL nel 2011 era al 120%, con circa 1.900 miliardi il debito. Superato il momento drammatico, abbiamo continuato imperterriti ad indebitarci. Siamo arrivati a 2419 miliari di debiti a fine 2019. Poi l’esponenziale aumento, causato anche dalla pandemia. Probabilmente, traguarderemo nell’anno in corso i 2600 miliardi. Lungimiranti economisti affermano che il “debito non fa più paura”. Corretto, fino a quando la BCE continuerà ad acquistarne quote imponenti, rinnovando i titoli in scadenza. Senza la Banca Centrale Europea, con buone probabilità, la situazione non sarebbe sostenibile.
Mi domando: dove sono gli “economisti” che sentenziavano: “fuori dall’Europa”, “facciamo da soli”, “stampiamo moneta” ? Forse, sono impegnati nella verifica delle elargizioni di “bonus” o altri sussidi pubblici, erogati in buona parte grazie al debito, ergo, con soldi spesso sovvenzionati dall’Europa. “La cosa più grande è sapere quando parlare e quando stare zitti” sentenziava con disarmante lucidità, nel primo secolo avanti Cristo, Lucio Anneo Seneca (4 a.c.- 65 d.c)

*Giornalista, Docente, Referente di sede d’esami universitaria

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