Pari. Il declino delle colonie marine

Il turismo di massa, generato sostanzialmente dallo sviluppo economico degli anni ’60, soppiantò l’uso delle colonie marine, indiscusse protagoniste delle estati di tanti preadolescenti, tra la fine del 1800 ed i primi decenni del ‘900. In tal modo, si chiuse definitivamente un capitolo di storia. Iniziò una nuova tipologia di vacanza, fruibile anche ai lavoratori dipendenti. Intere famiglie si spostavano, soprattutto in agosto, spesso per l’intero mese. Nella nostra riviera, operai ed impiegati dal nord Italia, ma anche dai Paesi del Nord Europa.

In quegli anni, tante famiglie residenti vicino al mare, si spostavano nelle soffitte, nei garage, nelle cantine, cedendo la propria abitazione ai turisti. Il numero delle nuove costruzioni deputate alla ricezione turistica, cresceva in modo esponenziale. Nella maggioranza dei casi, piccole strutture gestite a livello familiare. Le poche colonie marine ancora attive, erano divenute luoghi di permanenza per bambini provenienti dalle famiglie più disagiate, che nonostante lo sviluppo economico, non potevano ancora permettersi la vacanza estiva. All’inizio degli anni ’80, quasi tutte le colonie vennero definitivamente chiuse ed abbandonate. Nella sola costa adriatica, permangono numerose strutture, spesso fatiscenti, resti di archeologia balneare, luoghi di abbandono e degrado, quasi sempre site in posizioni meravigliose, direttamente sulle spiagge, circondate da grandi giardini. Alcuni, sono edifici di pregevole fattura, anche da un punto di vista architettonico, innovativi, addirittura audaci. Una mappatura venne eseguita nel 1986 dall’Istituto per i beni culturali dell’Emilia Romagna, da Marina di Ravenna a Cattolica. Sono state censite 246 colonie , tra le quali alcuni Ospizi Marini (ante 1915). Un patrimonio immenso, di circa 1.500.000 metri quadri! Diversi urbanisti, lanciarono il loro monito riguardante lo stato di abbandono, proposero una riqualificazione, basata non solo sulla conversione turistica. Tra i pochi progetti conclusi, rammento in Toscana quello di Calambrone (Pisa), dove il complesso delle ex colonie costruite in epoca fascista, è stato trasformato in un Hotel con centro benessere; oppure, l’ex colonia Dalmine a Riccione. Sicuramente, le colonie marine hanno ancora un grande fascino, hanno donato a migliaia di bambini vacanze, che probabilmente non si sarebbero mai potuti permettere, hanno contribuito a fare conoscere la Toscana, la Liguria, la nostra amatissima Romagna. Tutto questo, non è stato sufficiente per consentirne un adeguato recupero, del resto, è evidente che gli enti pubblici non possono e non potranno farsi carico di queste strutture in disuso. I tempi cambiano in fretta, le modalità di vita si adeguano alle mode, che spesso diventano cultura. Qualcosa è già in movimento, il sostantivo “colonie”, che ricorda un passato remoto, viene oggi sostituito da termini sicuramente accattivanti, ad esempio, ”Eurocamp ”, soggiorni sportivi e culturali, aperti ai ragazzi dell’Europa. Una partenza incoraggiante, seppure insufficiente. Ovviamente, sono necessari grandi capitali, supportati da persone estrose e sognatrici, capaci di idee innovative, che portino a realizzazioni turistiche, ricreative, ma anche culturali, auspicabilmente, non solo estive. In cambio, troverebbero luoghi deputati a trasmettere grandi emozioni, il fascino di un mondo ormai antico, proiettato nelle infinite ed inesauribili meraviglie del mare.

*Giornalista, Docente, Referente di sede d’esami Universitaria

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