Pari: chi pagherà il conto?

Il patrimonio mobiliare degli italiani è significativo: circa 4.300 miliardi, estremamente diseguale, principalmente ereditato. Di converso, il debito pubblico , ante pandemia, ha superato i 2.400 miliardi, in costante aumento. In rapporto al Pil, ai primi posti nel mondo. Valutando nel complesso questi dati, è possibile sostenere che nel pubblico siamo “cicale”, nel privato “formiche”. Di certo, la crisi economica derivante dalla pandemia, amplificherà in modo esponenziale la situazione debitoria del paese. Possiamo fingere di non vedere e di non sapere, continuando a spendere denaro che non abbiamo.

Sorgono spontanee alcune domande: è corretto? È egoista soddisfare parte dei nostri bisogni, lasciando alle future generazioni i debiti? Come potranno superare una situazione finanziaria così drammatica? Dove reperiranno le risorse necessarie? Nella crisi attuale, per il nostro paese sono stati provvidenziali gli interventi della Bce, che ha comprato e compra, parte del nostro debito, calmierando i rendimenti e garantendo il rinnovo dei titoli in scadenza. Imponente, l’importo totale sottoscritto della banca centrale europea: circa 400 miliardi. Di fronte a questi dati, appare demagogica la disquisizione sull’utilizzo del Mes, che a detta di alcuni, potrebbe rivelarsi un problema per il paese. Vi sembra un rischio elevato accettare 36/37 miliardi di prestiti del Mes, ad un tasso prossimo allo zero, finalizzato al miglioramento della sanità pubblica, oppure, sono un rischio maggiore i 400 miliardi in mano alla Bce, a tassi ben superiori? Proviamo ad immaginare cosa accadrebbe, se ipoteticamente, decidesse semplicemente di non rinnovare i titoli in scadenza. Se non vogliamo rischi, dobbiamo ridurre il debito! Per contenerne una parte all’interno del nostro paese, idea finalmente saggia, è circolata in questi giorni una proposta che definirei disarmante: emettere obbligazioni irredimibili, al tasso presunto del 2 per cento, sottoscrivibili esclusivamente dai cittadini italiani. Un esempio. Acquistandone 100.000 euro, con defiscalizzazione dei rendimenti, si otterrebbero 2.000 euro annui di interessi. Essendo irredimibili, il capitale investito, non sarebbe più restituito. Per un cassettista, occorrerebbero 50 anni, per recuperare ciò che ha versato. Per non infierire, evito l’ analisi tecnica su ciò che accadrebbe, se l’inflazione aumentasse. Per ridurre il rischio finanziario, l’idea di contenere il debito in Italia è sicuramente percorribile, ma serve un progetto credibile ed accattivante. Per diminuirne l’importo, rimangono poche le strade percorribili: a) una consistente patrimoniale b) la drastica riduzione delle spese dello stato.
Affronterò il discorso della patrimoniale in altro contesto, ma certamente, a mio avviso, sarebbe deleteria e difficilmente risolutrice.
È invece fortemente auspicabile, ridurre in modo drastico le spese dello stato. I tagli i necessari, non dovranno ovviamente avvenire nella sanità, nelle pensioni o nei servizi ai cittadini, ma si potrebbe valutare il contenimento degli enti (inutili), l’accorpamento di alcune strutture e corpi, la digitalizzazione dell’amministrazione, la drastica riduzione della burocrazia (che costa e danneggia), la congruità dei tanti contributi. Tanto altro. Una strada tortuosa, dovuta alla necessità di sopravvivenza della politica, ancorata in democrazia alla numerosità dei voti, che raramente si implementano, proponendo riforme e contenendo le spese. Servirebbe una presa di coscienza degli elettori, che induca ad apprezzare le gestioni oculate, finalizzate al contenimento del debito pubblico. Nobile il fine: acquisire credibilità, contenere i rischi finanziari, garantire la sostenibilità dei servizi, implementare la capacità economica nella gestione delle calamità; soprattutto, offrire un futuro di speranza alle future generazioni.

*Giornalista, Docente e Referente di Sede d’esami universitaria

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