Ottavio Dantone presenta "Il Tamerlano" all'Alighieri di Ravenna

Archivio

È con una novità che ha inizio, domani sera, la nuova Stagione d’opera del teatro Alighieri: un titolo a cui il pubblico certo non ha mai assistito, ma che arriva dal passato. Insomma, una novità antica, anzi, barocca: si tratta del Tamerlano di Antonio Vivaldi. Una partitura di rarissima esecuzione che solo Ottavio Dantone insieme ad Accademia Bizantina poteva scegliere e interpretare, segnando così l’inizio del 40° anniversario dell’ensemble costituitosi appunto nel 1983 proprio a Ravenna e oggi oramai riconosciuto nel mondo come autorevole punto di riferimento per la prassi esecutiva del repertorio sei-settecentesco, e non solo, in particolare da quando, nel 1996, Dantone ne ha assunto la direzione, intraprendendo un percorso di approfondimento sulla semiologia e l’estetica del linguaggio musicale barocco.

«Aprire questo 2023 a Ravenna è una bellissima coincidenza – ricorda il maestro Dantone –, questo è un teatro con cui tanto abbiamo collaborato e con cui abbiamo in serbo progetti per il futuro. Anche perché il pubblico sembra sempre più attratto dal teatro musicale barocco».

Del resto, il vostro è un lavoro di ricerca molto attento al momento della ricezione e quindi al pubblico.

«È una lingua musicale, questa, che ci pone di fronte a una sorta di vocabolario di gesti espressivi e codici emotivi non scritti che l’interprete ha il compito di far emergere dalla partitura: all’epoca della composizione quei codici erano condivisi e sottintesi dai musicisti, oggi dobbiamo tornare a comprenderli per riuscire a trasmetterli in tutta la loro potenza a chi ascolta. E va riconosciuto che negli ultimi anni, dalla riscoperta degli strumenti originali e grazie allo studio della “retorica” musicale, più o meno consapevolmente il messaggio emotivo di queste musiche arriva sempre più forte al pubblico».

Vien da pensare alla persistenza di codici comunicativi “universali” in musica, che attraversano i secoli e continuano a funzionare - e forse anche che i 300 anni che ci separano per esempio da Vivaldi non sono così tanti.

«È vero, quei meccanismi emotivi legati all’amore, all’odio, ai sentimenti umani, emergono vividi ancora oggi nell’opera settecentesca: non importa che la rappresentazione scenica sia tradizionale o più moderna, l’importante è preservare il senso e il rapporto retorico ed emotivo tra i personaggi, il cuore drammaturgico. Questo è il senso profondo del lavoro filologico, non l’apparenza visiva o l’ampiezza dell’organico o ancora la questione dei tagli funzionali alla rappresentazione…».

Ma veniamo al “Tamerlano”: perché scegliere un “pasticcio”, una di quelle opere-collage allestite dagli autori in fretta e solitamente ritenute minori?

«L’abbiamo incisa un paio d’anni fa, e ritengo che dimostri l’efficacia drammaturgica che solitamente non viene riconosciuta a Vivaldi: i recitativi, tutti composti di sua mano, sono di una forza straordinaria. Va detto che all’epoca i pasticci non erano considerati minori: talvolta erano allestiti con grande sfarzo, e grazie all’intervento di più autori garantivano una diversificazione stilistica che li rendeva più dinamici, Vivaldi qui compone solo le arie dei personaggi positivi… Eppoi, nei pasticci si sceglievano sempre le arie migliori e la qualità era indiscutibile. Così nel Tamerlano, che prevede anche arie di un autore che andrebbe riscoperto come Geminiano Giacomelli : tra queste la più bella di tutta l’opera, che è una delle cinque arie di cui mancava la musica e che, nella logica creativa del pasticcio, ho scelto in funzione dell’espressività e della metrica. Altre arie sono di Johann Adolf Hasse, e di Riccardo Broschi, il fratello del celebre Farinelli, che si distingue per lo stile acrobatico: le sue arie sono difficilissime».

La vicenda, che intreccia la lotta di potere tra turchi e tartari con il tema amoroso, è qui messa in scena anche attraverso danza, videoproiezioni e teatro di figura: come si coniuga con il rigore filologico?

«La danza era un elemento fondamentale dell’opera settecentesca, così come lo sfarzo delle “macchine” sceniche. Una malintesa idea di filologia vorrebbe ridurre tutto alla fissità di una partitura immutabile e morta, ma da rispettare invece c’è la libertà che connotava il teatro dell’epoca e che consente quindi una lettura registica contemporanea, come questa di Stefano Monti . Poi è il lavoro sulla musica e sulla rete dei recitativi a ispirare e a dare sostanza alla rappresentazione, perché l’importante è mettere in scena le emozioni e condurre il pubblico a immergersi, ad annegare nella finzione, credendola vera: nell’eterno gioco del teatro».

A introdurre il pubblico nel Tamerlano di Vivaldi, oggi pomeriggio alle 18 a Palazzo Rasponi, sarà il musicologo Guido Barbieri. Lo spettacolo domani inizia alle 20.30; domenica alle 15.30.

Info: 0544 249244

Newsletter

Iscriviti e ricevi le notizie del giorno prima di chiunque altro Clicca qui