Orazi della Zanichelli: coltivare le curiosità linguistiche

Cultura

Per comunicare la cultura? Occorre risvegliare la curiosità. Lo pensa e lo fa Gianluca Orazi, forlivese classe 1977 e brillante direttore marketing e comunicazione della storica casa editrice Zanichelli. Sue sono le firme di riuscite campagne di successo che hanno avuto per protagoniste le parole della lingua italiana: con #laculturasifastrada nel 2018 sono stati realizzati dei graffiti, in prossimità di scuole e in zone pedonali di alcune tra le principali città italiane, per offrire a studenti e passanti uno spunto di riflessione sulla nostra lingua e sulle lingue straniere. Con la campagna #paroledasalvare nel 2019 tutti sono stati invitati a scegliere una parola e a prendersene cura, usandola in modo opportuno. Con il progetto #ciboperlamente nei mesi scorsi un milione di cartoline sono state consegnate a domicilio in sette città italiane per raccontare la bellezza della lingua italiana attraverso le etimologie.

Lei è l’ideatore di campagne di comunicazione originali legate all’uso delle parole. Come nascono le sue idee e a quali strumenti attinge per realizzarle?

«Le idee nascono dalla conoscenza e dalla padronanza dei canali di comunicazione e prendono forma una volta intuito il mezzo ideale per poterle esprimere. L’uso delle parole è un tema appassionante e coinvolgente che in questi anni è diventato centrale: l’uso dei social ci costringe a mettere in mostra anche le nostre abilità linguistiche. Zanichelli ha un immenso patrimonio lessicale al quale attingere. Ci sono tante altre opere di consultazione, oltre allo Zingarelli: il dizionario delle collocazioni e il dizionario analogico, per esempio. Oltre ai numerosi dizionari bilingui».

Questi sono tempi difficili, di incertezza, di stanchezza, di sconforto. Ma anche di desiderio di rinascere e di ritrovarsi. Qual è lo stato di salute della lingua italiana?

«L’italiano non sta male, di per sé: è una lingua con un gran numero di parlanti e questo dato è importante per valutarne la vitalità, estremamente dinamica. Si arricchisce costantemente di neologismi che sono testimonianza della sua elasticità e della sua capacità di adattarsi alle esigenze dei suoi parlanti. Certo, la sua conoscenza va coltivata, dato che il rischio di una dieta mediatica monocorde è un impoverimento del lessico. Per questo motivo c’è bisogno di coltivare, nelle persone, la curiosità linguistica».

Più di trent’anni fa la linguista Alma Sabatini ha condotto una ricerca sull’uso sessista della lingua italiana. Ancora oggi ci sono forti resistenze, più culturali che linguistiche, che frenano l’uso di certe forme femminili, considerate anche brutte, cacofoniche. Lei, che vive e lavora in mezzo alle parole, cosa ne pensa?

«Intanto lo Zingarelli è stato in un certo precursore di istanze che solo da pochi anni sono discusse pubblicamente: non tutti sanno che è dal 1994 che il nostro vocabolario registra quasi un migliaio di femminili professionali; detto questo, per chi lavora con le parole in maniera scientifica non possono esistere parole belle e brutte, eufoniche o cacofoniche: nella lingua dell’uso, impieghiamo tutte le parole che ci servono, che sentiamo come utili, e solo quando scriviamo un testo letterario o una poesia iniziamo a fare davvero caso al loro suono. Non sono la bellezza o la bruttezza, criteri estremamente soggettivi peraltro, che regolano la registrazione dei lemmi nei dizionari. Cito testualmente Mario Cannella, curatore dello Zingarelli: “Lo Zingarelli è un vocabolario dell’uso e, fin dai tempi di Nicola Zingarelli, l’uso è stato il riferimento principale nelle decisioni”. Anzitutto, quale uso? Non tutte le fonti che servono a verificare l’uso sono equivalenti, hanno cioè la stessa qualità, lo stesso peso. C’è una differenza tra un sito istituzionale, un quotidiano o una rivista di importanza nazionale e una chat o una conversazione in un social. Queste ultime vanno costantemente seguite: sono luoghi dove spesso iniziano a essere usati, talora in modo scherzoso o provocatorio, dei termini o delle forme che poi vengono raccolti e diffusi a livello più generale».

A quando una campagna di comunicazione - e culturale - contro il sessismo nella lingua italiana?

«Il nostro apporto alla questione di genere è perenne: si concretizza in un’attenzione costante volta sia al contenuto del vocabolario sia ai nostri libri scolastici, con la consapevolezza che tutto è migliorabile, perfettibile, e che il servizio più utile che possiamo fare per la società è di mantenere alto l’impegno nei confronti di queste istanze. Si tratta di un lavoro forse meno visibile di una campagna di comunicazione in senso stretto, ma non per questo meno importante. Anzi, in un certo senso, penso che questo lavoro continuo abbia un impatto molto più duraturo».

Cultura e social«Occorre stupirecon competenza»

La cultura sui social network è un tema complesso. Non sono poche le sfide da affrontare quando si promuove un prodotto editoriale. Come spiega Gianluca Orazi: <<Occorre stupire, servono originalità, competenza e sicurezza delle fonti, i prodotti editoriali hanno bisogno di essere promossi con idee nuove, bisognerebbe lavorare di più sul marketing della cultura. Portare la cultura sui social network è utile e necessario e l’esempio di Zanichelli è virtuoso: riusciamo a produrre contenuti interessanti che hanno ampia visibilità>>. D.C.

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