Forlì, omicidio Severi: sotto la lente la pistola ammazzabuoi del fratello Daniele

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È stata depositata ieri a Bologna al Tribunale del riesame la richiesta di scarcerazione di Daniele Severi, il 63enne accusato di omicidio premeditato e occultamento di cadavere per la morte del fratello Franco Severi, 53 anni, trovato decapitato in un dirupo vicino a casa ormai un mese fa. I difensori, Massimiliano Pompignoli e Maria Antonietta Corsetti, hanno presentato la domanda entro i dieci giorni previsti dopo la convalida del fermo decisa dal gip di Forlì Giorgio Di Giorgio. I due legali, con i quali collabora anche l’avvocato Andrea Cintorino, hanno poi proseguito la trasferta in Emilia fino a Parma, alla sede dei carabinieri dei Ris, reparto investigazioni scientifiche, dove erano in programma accertamenti non differibili sulla pistola ammazza buoi recuperata la settimana scorsa a Magliano, in via Maglianella, sotto un ponte, tra la vegetazione, poco distante dal capannone dove Daniele Severi tiene i cani da caccia e altri attrezzi. Una pistola che secondo la Procura potrebbe essere l’arma del delitto, e di proprietà proprio di Daniele, che l’uomo ha gettato qualche giorno dopo quel 22 giugno quando venne ritrovato il cadavere di Franco. Gli investigatori hanno cercato in quella zona seguendo i movimenti di Daniele che con l’auto si era recato da quelle parti. I risultati degli accertamenti di ieri (ai quali era presente anche l’avvocato Max Starni, che con il collega Massimo Mambelli segue gli interessi di due altri fratelli di Franco e Daniele), si sapranno più avanti, anche se gli avvocati difensori sono fiduciosi che venga fuori che quell’arma non avrebbe sparato recentemente. Intanto Daniele attende in carcere, tranquillo, per quanto possibile vista la situazione. Dopo aver scandagliato inutilmente il laghetto di Ca’ Seggio, alla ricerca della testa mancante, la Procura ha imposto che nel campo poco distante da casa di Franco Severi, quando ci sarà la trebbiatura sia sempre presente una pattuglia dei carabinieri.

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