Omicidio a Cesena: l'ergastolano lancia accuse dal carcere

Cesena

Lettere dal carcere. A scrivere, parlando direttamente alla stampa per la prima volta da quando fu arrestato per omicidio, è il 62enne Salvatore Di Giacomo: condannato all’ergastolo per aver accoltellato a morte l’odiato vicino di casa Davide Calbucci. L’uomo, in attesa di Appello, racconta in una quindicina di pagine fatte di articoli pubblicati dal Corriere Romagna, querele sporte ed altri atti giudiziari, di come a suo vedere se la giustizia avesse fatto il suo corso a molti anni dalla data dell’omicidio, lui a quest’ora sarebbe a spasso col suo cane per il parco Fornace Marzocchi e non ci sarebbe stato alcun delitto. Se la prende con gli inquirenti, che accusa di non aver mai guardato a lui anche sotto una luce innocentistica. Ma anche con l’avvocato che lo aveva difeso dal momento dell’arresto fino alla prima parte del processo.

La lite del 2016

«Se chi di dovere avesse guardato meglio alle denunce che ho sporto in passato - racconta l’ergastolano Di Giacomo nei suoi scritti a penna - adesso forse nei guai ci sarebbe Davide Calbucci ed io sarei tranquillamente a spasso col mio cane come ogni giorno nel parco Fornace Marzocchi». Nel settembre 2016 Di Giacomo sporse denuncia contro Calbucci. Uscendo di casa sulle scale del condominio trovò le finestre aperte. Vide Calbucci al parco e, come avvenuto altre volte in passato, ci litigò nella convinzione che per la propria salute quelle finestre dovessero stare chiuse. «Calbucci mi aggredì e mi colpì. Poi indietreggiò e disse di essere stato da me aggredito. Io denunciai il tutto ma per Calbucci non ci furono conseguenze. Se lo avessero accusato e condannato per calunnia in quel frangente gli episodi poi avvenuti in futuro non ci sarebbero stati». Le ricostruzioni fatte su quell’episodio dicono che anche in quel caso sarebbe stato Di Giacomo ad aggredire. Versioni ed indagini che in generale il condannato all’ergastolo contesta anche esplicitamente. «Il pm Brunelli ed i giudici dicono che la mia compagna ha fatto falsa testimonianza. Però non hanno tenuto in nessun conto il fatto che uno dei testimoni dell’omicidio, parlando in aula, abbia ricostruito l’accaduto in maniera diversa. Nei primi giorni ha parlato del coltello e della mia bicicletta collocandoli in una maniera; a processo ha detto cose diverse. Ma questo non è stato valutato, come non sono state valutate con lo stesso metro tutte le cose a mia discolpa». Di Giacomo non ha particolari problemi neppure a lanciarsi contro chi per primo lo aveva difeso dalle accuse di omicidio. «All’avvocato che avevo d’ufficio non ho mai firmato una nomina di fiducia. Ha ricevuto dalla mia compagna 3.500 euro dalla vendita di una moto. Per pagare la mia perizia psichiatrica che non è mai stata fatta». Una spesa che è stata anche rendicontata con tanto di fattura ricevuta in carcere. Una denuncia, quella di Di Giacomo, della quale il suo ex avvocato è a conoscenza: «Da quanto so il tutto è già stato esaminato sia dall’Ordine che dalla magistratura inquirente, senza che fossero ravvisate violazioni. Detto questo non ho tempo né voglia di querelare per calunnia Di Giacomo. Ho ben altro a cui pensare nella quotidianità della mia vita lavorativa» ha chiosato il legale.

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