Omicidio a Cesena: l'autopsia ridisegna la scena del delitto

Cesena

Ricostruire l’ordine delle ferite definendo quelle mortali. Per capire se i racconti sulla dinamica dell’omicidio di Davide Calbucci, 49 anni, siano compatibili con quanto detto dal suo assassino (il 65enne vicino di casa Giuseppe Di Giacomo) o se invece sia più “calzante” il racconto di uno dei due testimoni oculari dell’accaduto: un uomo che ha visto la scena e che descrive rispetto a Di Giacomo tutta un’altra verità.

Il difficile compito di ridisegnare la scena del delitto passando dalle ferite sul corpo martoriato del 49enne, è stato affidato dal pm Laura Brunelli alla patologa Donatella Fedeli: che ieri ha iniziato attorno alle 14.30 l’autopsia, terminando il suo lavoro poco dopo le 17. Aspettando i rilievi microscopici per completare l’indagine, è stato di 30 giorni il termine dato per la consegna degli atti. Per ora l’esame macroscopico dice che Giuseppe Di Giacomo, se non racconta bugie sull’accaduto, ha quanto meno un quadro mentale poco chiaro della dinamica con cui ha strappato alla vita il suo vicino di casa del condominio di via Vendemini, alla “montagnola” delle Vigne.

Prima al magistrato ed al suo difensore Filippo Raffaelli, poi anche al gip Giorgio Di Giorgio, “il siciliano” Giuseppe Di Giacomo ha detto di aver affrontato “di petto” Davide Calbucci, al culmine di una settimana di incontri al parco durante i quali la vittima lo accusava di molestare sia le donne a passeggio per l’area verde che le vicine di casa in codominio. Di Giacomo ha esplicitato di essere stato spinto dall’odiato vicino; e dopo essere caduto di aver recuperato dal cestino della bici il coltello che usa per raccogliere radicchi ed erbe; infine di aver colpito Calbucci prima al ventre per poi “finirlo”.

Macroscopicamente, ferite significative all’altezza della pancia non erano visibili sulla vittima sin dai primi momenti. L’autopsia invece ha messo in luce coltellate alla schiena, molto più compatibili dunque con quanto riferito da uno dei due testimoni oculari dei fatti, che ha spiegato alla polizia come Calbucci fosse stato attinto “alle spalle”. La vittima sicuramente si è difesa, azzuffandosi corpo a corpo anche a terra con il 65enne che lo stava uccidendo. Fattore messo in evidenza da alcune lacerazioni da taglio che Calbucci ha sulle mani. Infine tra le lesioni che da sole potenzialmente potevano provocare la morte ce n’è una tra parte alta del pettorale destro e collo: pugnalata che ha raggiunto un vaso sanguigno portante del sistema circolatorio.

La sequenza di queste coltellate farà da sparti acque nelle future ricostruzioni di accusa e difesa in sede di giudizio. Al punto che, facilmente, una volta che la patologa Fedeli avrà consegnato la sua ricostruzione, le sue conclusioni saranno oggetto di ulteriori approfondimenti da parte sia di specialisti di parte civile (avvocato Alessandro Sintucci) che della difesa del 65enne: che ad ora resta in carcere e formalmente indagato per omicidio volontario.

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