Occhio secco: gli effetti pervasivi della pandemia

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Occhi secchi, che lacrimano, che presentano disturbi visivi: sono aumentate le patologie dell’occhio negli ultimi due anni, da quando, entrati nell’era Covid-19, sono profondamente cambiate le abitudini delle persone, che trascorrono sempre più tempo davanti agli schermi. Per saperne di più, ne parliamo con il dottor Domenico D’Eliseo, Direttore dell'Unità Operativa di Oculistica dei Presidi Ospedalieri di Ravenna e di Lugo, che lavora a stretto contatto con il dottor Leonardo Taroni.

Dottore, come ha influito il maggiore utilizzo dei videoterminali sulla salute dei nostri occhi?

«Specialmente nel periodo del lockdown, al fine di proteggere dall’infezione da Covid-19, sono state introdotte e potenziate norme di comportamento, come lo smart working e la DAD (didattica a distanza) che hanno riguardato la maggior parte della popolazione. Queste hanno influito tantissimo sulla quotidianità delle persone e anche là dove si è ritornati al lavoro e alla scuola in presenza, dagli schermi non ci si è più staccati. C’è stato, infatti, anche un aumento della fruizione di serie TV, giochi e navigazione on line. Da qui, l’incremento di alcuni disagi visivi provocati proprio da questo tipo di prolungata applicazione per vicino verso gli schermi , con caratteristiche differenti a seconda delle varie fasce d’età».

Quali sono le problematiche che si sono maggiormente manifestate?

«Nei bambini e negli adolescenti si è notato soprattutto un incremento dei difetti refrattivi (miopia, ipermetropia e astigmatismo). In alcuni casi, i bambini più ipermetropi hanno sperimentato quei disturbi che sono tipici di un’intensa accomodazione prolungata nel tempo, come rossore oculare con occhi pesanti e stanchi, che può condizionare sia lo studio che l’attenzione. Invece, soprattutto, nei ragazzi, questo tipo di continua applicazione per vicino ha portato all’incrementarsi della diffusione della miopia, essendone in questa fase della crescita, particolarmente predisposti. Infatti, la DAD è stata associata a un uso sempre più diffuso e spasmodico delle diverse piattaforme di uso sociale (cellulare, PC, TV e tablet) e insieme hanno riempito, specie nei periodi di lockdown, la maggior parte della giornata dei ragazzi, rinforzando la progressione dell’eventuale difetto miopico».

E per quanto riguarda gli adulti?

«Per loro il discorso è diverso, in quanto spesso le ametropie sono già radicate e corrette, e ciò che viene meno è la protezione della superficie oculare e retinica. La concentrazione visiva e mentale verso lo schermo fa sì, infatti, che ci sia un minor numero di ammiccamenti (chiusure palpebrali) per minuto, esponendo, quindi, la superficie oculare a una minor protezione e a un aumento o peggioramento di patologie come l’occhio secco».

Qual è la sintomatologia dell’occhio secco?

«Innanzitutto bisogna precisare che spesso i sintomi dell’occhio secco si sviluppano dopo che la superficie ha mostrato già alcune alterazioni, fondamentalmente di origine multifattoriale. In questo processo, lo smart working può agire come comburente della patologia favorendone la clinica, cioè il disturbo che il paziente prova. I sintomi più comuni sono rossore, irritazione, sensazione di sabbia e lacrimazione paradossa. Da non dimenticare che il tutto avviene in un contesto in cui la mascherina è diventata uno strumento di uso quotidiano con i suoi pro, evidente diminuzione del rischio di contagio, e contro, occhio secco associato alla mascherina MADE (Mask Associated Dry Eye)».

Come si può intervenire per evitare o diminuire eventuali danni?

«Al fine di ridurre i disturbi e la sintomatologia provocata da smart working e DAD bisognerebbe programmare pause cadenzate in modo da non sovraccaricare sia la funzione visiva che di superficie. Provvedimento più facile da organizzare nella DAD che nello smart working. Inoltre, per avere un effetto benefico, è doveroso specificare che le pause andrebbero sfruttate per rilassare e ristorare la funzione visiva e non per passare da un dispositivo a un altro, comportamento che renderebbe vano tutto il discorso. Oltre alla programmazione dell’applicazione per vicino diventa fondamentale la correzione delle varie ametropie (per esempio con occhiali) in modo da evitare i disturbi a essi collegati e la protezione della superficie oculare con colliri dedicati. Inoltre, la luminosità dei nostri schermi ha una componente legata alle radiazioni con basse lunghezze d’onda (nello spettro del blu) che possono essere implicate nello sviluppo di maculopatie. In questo caso non ci sono evidenti associazioni o sintomi, ma quando possibile è bene utilizzare una fotoprotezione. Esistono filtri che possono essere applicati a posteriori direttamente sugli schermi dei pc e altri che si amalgamano con tutti i tipi di lente a tempiale, che possono essere inseriti, su esplicita richiesta, durante la loro fabbricazione, senza alcun effetto negativo dal punto di vista estetico o visivo. Recentemente, per arginare questo problema, sempre più ditte costruttrici di vari device stanno dedicando attenzione all’argomento, sviluppando nuove strategie e facendo ricorso a vari accorgimenti».

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