Novafeltria. Lo storico bar: "Aperti da 100 anni e non molliamo"

Archivio

«Cento anni aperti, non molliamo». A Novafeltria esiste un luogo dove il tempo si è fermato in pieno stile Liberty all’inizio del Novecento. A raccontarlo sono le linee sinuose dell’insegna appesa sotto al porticato del palazzo seicentesco che lo ospita, a fianco del Municipio. È il Caffè Grand’Italia che sorge nel cuore del paese, in quella piazza Vittorio Emanuele 3°, dove venne aperto nel lontano 1926. «A fondarlo fu il mio bisnonno materno, Lino Barbieri, – spiega Giovanni Ramberti, erede e attuale titolare alla quarta generazione -. Appena tornato dall’Argentina, dov’era emigrato in cerca di fortuna, il bisnonno creò un punto di ritrovo elegante e dal fascino particolare».

Un tuffo nel passato

Un gioiellino di 45 metri quadri, con giardino sul retro, che ha mietuto consensi nel tempo, mentre al bancone si susseguiva l’impegno febbrile di suo nonno e di sua madre, fino ad arrivare a lui, prima in sinergia con il fratello e poi da solo. E non è tutto. La storia del bisnonno è avvolta da un alone di mistero in linea con un ambiente che permette un tuffo nel passato appena varcata la soglia. Mobilio in legno originale dell’epoca, tavolini in marmo, lampadari a sfera e specchi scoloriti dal tempo dove campeggiano antiche pubblicità di liquori, ma anche un’area esterna dove ritagliarsi qualche momento di tranquillità.

Più forte delle difficoltà

Finché, dopo due guerre mondiali, a travolgere la quiete sotto l’antico soffitto, tutto stucchi e volute, è arrivato lo scossone «di bollette quasi triplicate che – allarga le braccia il 50enne Ramberti – fanno lievitare le spese da 900 a 2200 euro». L’intenzione però resta quella di non gettare la spugna: le luci del Gran Caffè non possono essere spente: «Di crisi storiche ne ha attraversate tante, tutte diverse, mentre resta immutato l’affetto della clientela, da quella locale agli appassionati visitatori che vengono da tutta Europa con una tappa voluta e programmata».

Rievocazione storica

Intanto l’unione fra passato e futuro sembra materializzarsi nel fotomontaggio che campeggia su una parete: il bisnonno accanto all’erede, entrambi di fianco a un’imponente macchina del caffè color argento, decorata con uno stemma rosso e sormontata da un’aquila dorata. Al riguardo spiega Ramberti: «Prima della pandemia l’Officina Maltoni, fondata 8 anni fa a Secchiano di Novafeltria da Maltoni, organizzò una rievocazione storica, prestandoci per un’intera giornata un modello identico a quello in uso nel 1926». A ricordare quel momento è proprio Roberto Maltoni, restauratore e collezionista di storiche macchine da caffè che espone la sua trentennale collezione al Mumac, presso Binasco, in provincia di Milano. «Il pezzo era una “Victoria Arduino, modello Extra gruppi 4 litri 50” che, ancora funzionante, ha puntato per qualche ora le lancette all’indietro, riportandoci tutti a ritroso di cent’anni, in un’atmosfera dall’emozione autentica».

Newsletter

Iscriviti e ricevi le notizie del giorno prima di chiunque altro Clicca qui